Lapis and Notes



Lapis and Notes


Post Scriptum:

Welcome.
(To the Jungle).

"Gli svedesi hanno capito quello che la Scavolini ancora no. Ovvero. Che la gente comune ha 40 mt quadri per farci stare un letto, una cucina e un water. E ha sempre sognato la penisola. Poi si è ridimensionata, nel momento in cui ha realizzato un fatto.
Che i sogni si pagano al metro quadro".







venerdì 24 dicembre 2010

Stai aspettando, dunque?

Questo brano rende l'idea. Di come percepisco il Natale.
E di quello che ho scritto nel post sotto.

(Dell'attesa e del discorso sull'attimo di eterno, ecco. Per intenderci)


Carol of the Bells - Trans-Siberian Orchestra 


Strutturate Megalomanie Natalizie: You're the First, the Last, my Everything

E' questione che mi sento in colpa se non.

Cioè, oggi, Vigilia di Natale, mi sento in dovere di scrivere. Un dovere verso me stessa, sia chiaro.
Come tutti i 24 Dicembre, dai tempi dei tempi, dagli albori della mia comprensione del significato natalizio, sento un senso di Attesa. Mi coglie impraparata al mattino e non mi lascia più fino a Santo Stefano, per tornare poi il 31. Regolare, preciso. Un senso di attesa di qualcosa che non si sa poi bene cosa. Aspettare. To wait for.
Attesa che succeda qualcosa di indefinito, misterioso: le ore, i minuti, i secondi, mi sembrano dilatati per la Vigilia. Tutti in questa giornata - e a Capodanno - guardiamo l'orologio molte più volte, non credete?
Da bambini l'attesa è per la notte, per Babbo Natale. Ma, anche quando scoprirai che Babbo Natale è lo zio panzone che si traveste e che i regali arrivano anche se non hai il camino, questo rassicurante aspettare resta radicato. Ti resta dentro.
Per assicurarti che non passi troppo in fretta, per accertare alla tua esistenza che queste giornate non passino senza essertele attaccate un po' addosso, che non passino senza aver lasciato il segno. Credo che anche l'inventore del Calendario dell' Avvento dovesse soffrire di una qualche forma di ansia e di struggimento da attesa. Io, almeno, parto un po' dopo.

Poi, inevitabilmente, il senso di delusione: perchè Natale passa, come tutti gli anni. Passa come tutto nella ciclicità del tempo. E il solito pensiero: "bè? Già passato?". Non sono serviti i regali, i cenoni, i parcheggi impossibili, i brindisi, gli addobbi e il cotechino a fermarlo un attimo e capire davvero cosa succede in questa giornata. Che per quanto se ne dica, è sempre un po' magica.
Almeno 5 minuti te li dedichi a Natale. A te e ai tuoi pensieri. Non riesci a non farlo. A dov'eri l'altro Natale, a cosa hai fatto: se sei stato buono o uno stronzo infame - perchè tu lo sai sempre, quand'è che sei buono e quando invece sei stronzo, ai "se avessi..." e ai "ma" del caso, alle coincidenze, alle persone che sono entrate nella tua vita - quelle piu' recenti, quelle che ci sono un po' da sempre e quelle che non ci sono più.
E guardi il cielo con occhi diversi in queste giornate di festa, come se qualcuno ti stesse sorvegliando. Come se fosse possibile percepire un attimo di eterno.

Ti rendi conto di come tutto rientri perfettamente nell' Ordine delle Cose.


Bene, dopo questo attacco di stucchevole ed esagerato romanticismo, vado in giro a brindare (che è un po' dissacrante se vuoi, ma è l'unico modo per non farla passare troppo in fretta, questa Vigilia).


       Love for you All.
     (Note: Only today)


martedì 21 dicembre 2010

Un Hoover sotto l'albero.

Sono rimasta sconvolta.
Senza parole.
Gelo.

Stavo dando un'occhiata a "Il Post" quando leggo un articolo in merito a questa raccolta di Owni.eu di manifesti pubblicitari anni '60.
Il titolo:
"Le 48 pubblicità che oggi non sarebbero mai permesse".
(Ma guarda un po').

Perfetti regali di Natale, adatti a tutta la famiglia (come il Trivial che copre la fascia 14-99 anni, insomma) pubblicizzati con un concept di base un tantino razzista/sessista/violento e trash, giusto un pelo.

I fucili giocattolo Daisy garantiscono un sacco di rumore e ci sono svariati modelli, a seconda delle necessità omicide; Babbo Natale fuma Lucky Strike e i Dottori  fumano Camel (sigarette probabilmente più salutiste?); tu, sporco ragazzo, perchè non ti lavi con il sapone Vinolia? (lo sporco ragazzo è difinito tale in quanto nero, di razza, non di sporcizia).

Di particolare rilievo il ruolo della donna nelle Ads degli anni '60, ridotta a oggetto con due pratiche funzioni: quella di servire il marito - in quanto povera incapace, decerebrata e sottomessa e quella, non meno importante, di pulire la casa - pertanto bisognosa di vitamine dei cereali Total (davvero le donne, nel 1960, erano più felici con un Hoover sotto l'albero? Uhm.)

Blow in her face and she'll follow you anywhere.
(Eh sì, come no).

"Show her it's a man's world"
"Is it always illegal to kill a woman?"
"Men are better than woman"
(Certo, ovvio).

Non contenti, hanno visto bene di includere anche i neonati. Con il ruolo di tester: test non solo sugli animali quindi, che magari sono ancora più attendibili.
La birra CellCi (dal seno della madre) piacerà di più al tuo bambino, gemelli tester di un innovativo packaging di cellophane (almeno la Kuki, qualche decennio dopo, ebbe buon gusto e ci mise il pollo, nell'involucro), lolite 12enni con sguardo lascivo e il lucidalabbra da Alba-Parietti. (Innocenza sexy?)


Ad averlo saputo prima, in questi anni avrei lasciato qualche pacchetto di Lucky Strike per Babbo Natale, la notte del 24, che solo i mandarini e biscotti fanno regalo già visto.
Lo farò venerdì notte.
Ma io non gli chiederò un Hoover, a Babbo Natale, no. Nè un marito da servire.

Al massimo un dvd della serie tv Usa MadMan che, con il feroce realismo rappresentato di quegli anni '60, trova un contesto a queste pubblicità ad oggi assurde.

venerdì 17 dicembre 2010

Cose che (non) avrei voluto sapere.

1. Che il tempo è una merda. Ti prende per il culo appena può, inutile quindi constatare che la frequenza si avvicina al "molto spesso". Prendi una tua fotografia di quando avevi all'incirca 6 o 7 anni: riesci a ricordare cosa è successo nel frattempo, con una certa precisione storica, con un certo ordine? Bè, io no. Non so dove cazzo sono stata e che cosa ho fatto nel frattempo che sono diventata 29enne. Potrei ricostruire all'indietro di qualche anno, uno o due, ma non di più. Con l'aiuto delle fotografie potrei uno sforzo ulteriore e arrivare fino a tre o quattro. Un po' sfuocati probabilmente.
Credo che ogni colpa sia imputabile al tempo che passa. E' un perfetto capro espiatorio, di quelli che non sbagliano un colpo. E questo è il motivo per cui abbiamo un rapporto di odio-amore abbastanza reciproco.

2. Che ci sarà sempre, dico sempre, in ogni circostanza, qualcuna/o che è più figa/o di te, più brava/o di te, più tutto di te che riesce a fare quello che tu-invece-no. E ti farà sempre incazzare da morire. E starai sempre un po' a roderti il fegato. Anche se te la racconterai. Anche se farai come la volpe, che l'uva, alla fin fine, magari non è poi così matura. Anche se ti dirai che non è poi tutta sta roba eccezionale.
Ora, il ligio dovere femminile mi imporrebbe di scatenare le più funeste ire dell'inferno in fatto di invidia (se il soggetto dell'incazzatura è donna - e se la donna è pure una gran figa è morta) e in fatto di ammirazione (se il soggetto è uomo - e se l'uomo è pure un gran figo sei morta tu, ammiratrice eterosessuale, annegata in un mare di bava). Poi pero' penso e mi dico che l'invidia non serve a un cazzo, meglio l' ammirazione, che è un po' più costruttiva (what a fucking diplomacy!),  anche se il soggetto in questione è donna, quindi più faticosa, l'ammirazione. Magari capisci come fa, ti fai rivelare qualche segreto.
E se proprio non dovessi riuscire nell'impresa, niente, sfidala a Twister. Chè ognuno ha i suoi punti di forza (te li chiedono sempre ai colloqui, bisogna stare pronti con esempi pratici. Anche se, spesso, racconti le prime tre stronzate che ti saltano in mente, che non ti riguardano assolutamente, ma c'hai da venderti bene).
3. Che la classifica dei libri "più letti" generalmente include libri che fanno cagare. O meglio, quelli che piacciono a un sacco di gente che legge solo quel libro lì, fino al Natale successivo, quando la zia, stanca di regalare il solito pile in acrilico infiammabile color kaki, provvederà prevedibilmente a regalare il Sequel "Cotto e mangiato", assieme a "3 metri sopra al cielo" (così potrai dire alla tua/o fidanzata/o "io per te muoro", mentre le/gli prepari una frittatina con le uuuuuòva. Grazie zia, come farei senza le tue idee strepitose).
Ps. Dev'essere, questo, il primo Natale in cui non vedo nelle vetrine delle librerie un libro di Fabio Volo. Non succedeva dal 2001.
Pps. La Bignardi però la salvo. Anche se c'ha il Karma pesante. E poi è sposata con una penna geniale, Luca Sofri.
4. Che a 13 anni bisogna giocare con le bambole. Che sennò, ti si prospetta una adolescenza difficile. O ti si blocca la crescita. O diventi cieco. Una delle tre. C'è una cosa che mi turba: io a 13 anni stavo ancora giocando con Barbie e Ken (interrogandomi sulle dubbie dinamiche dei loro presunti accoppiamenti, in quanto a conformazione genitale mi sembravano pressochè identici).
Ai ai miei tempi, avere 13 anni stava a significare che la cosa piu' scandalosa che ti capitava di fare con "uno dei maschi" era il gioco della bottiglia. La lingua era opzionale. Quella era ancora un casino, c'era da capire la tecnica corretta, per fare il tutto come doveva essere fatto.(A parte la Zoccola della scuola, della quale sentivi fantasiose leggende - quasi sempre corrispondenti alla verità - che si sarebbe portata con sè fino ai trent'anni e oltre: lei la lingua ce la metteva, e non solo. Guadagnando posizione stabile nell'immaginario erotico maschile. Immaginario da gabinetto, per la precisione).
Dopo aver letto "100 colpi di spazzola" (sì, lo so, era in classifica "i più letti": ma volevo vedere fino a dove arriva una 14enne di oggi, anni luce dai miei tempi - quelli in motorino sempre in due, al massimo una cannetta, anni dove il balletto più ridicolo della storia era quello di Mauro Repetto in Nord Sud Ovest Est). Ho capito, dopo le prime 3 pagine, che le cose sono cambiate: Melissa P non va in motorino in due, non balla gli 883 e non canta "Io Vagabondo" al Parco di Roncolo: si fa scopare da una quantità infinita e indefinita di esseri umani. Amico, amico dell'amico, amico del fratello, cugino e amico del cugino, insieme anche all'altro, amico dell'amico del cugino. Non ricordo se tutti insieme o in separata sede. Un bordello. Roba da perdere il conto (con l'aiuto efficace di qualche LSD). Sotto a chi tocca.
Ora, non è moralismo bacchettone il mio, ma dico, un minimo di significato al sesso bisogna pure darglielo, no!? E a 14 anni non ne sei in grado, non ne hai una minima consapevolezza. Soprattutto se sei donna, devi salvaguardare la tua vagina (uso il termine scientifico) da queste mancanze, chè il prezzo da pagare è un pochino più alto: se ti va bene, ti invischi in quella questione vecchia come il mondo-  lei troia/lui il figo della situazione (vabbè, questo pazienza, al massimo ti becchi un soprannome allusivo o una qualche occhiatina di quelle che sanno fare solo coloro che sanno i fatti - per questo le donne adorano gli uomini discreti). Se ti va male, è perchè sei convinta di poter conquistare un uomo (solo) così. E darla via random è uno dei più grossi deterrenti per La Conquista. Quello che ti piace davvero potrebbe aversela a male, se ti fai anche il suo migliore amico o suo fratello. Sai com'è.
Se hai 14 anni e ti capita davanti Damon Albarn cancello tutto ciò che ho scritto nel punto numero 4. Per  ipotetica coerenza.
5. Che le donne, tra di loro, faticano a trovare momenti ludici di rude aggregazione, di impatto fisico e sensoriale: essendo sempre di umore incazzato-metereopatico-lamentoso, con natura tendenzialmente vittimistica, non capiscono che basta veramente poco per divertirsi, tra donne, insieme. E il massimo della gratificazione a fine giornata potrebbe essere qualcosina di più che l'ultima puntata di Sex & The City.
Gli uomini hanno il Bar, la partita di calcetto, di tennis, di Risiko, di subbuteo, il poker, il fantacalcio, le prove con la band, il fancazzismo, ProEvolutionSoccer, la birra. E non si trovano balle. Sono appuntamenti che non si possono perdere, cascasse il mondo.
Le donne insieme fanno shopping,  la cena di Natale e il corso di pilates. Cheppppalle.
Dove non c'è prole a cambiare le priorità, se le donne si mettessero in un bel gruppetto a organizzare qualcosa di divertente che non sia solo l'addio al nubilato della futura sposa, ma anche qualcosa di fondamentalmente più ignorante e inutile, il mondo sarebbe un luogo migliore. Noi, io e le mie amiche, andando a fare rafting, per esempio, abbiamo contribuito alla salvaguardia del pianeta. Nel vademecum inserisco: divertirsi, non rompere/rsi i coglioni e - se il gruppetto di donne guarda Beautiful - seguire gli uomini, che con loro ci si diverte sempre (vabbè, qui viene una battuta facile, ma non cambierò la frase. Ciò che scrive Melissa mi assolve da ogni rischio di eccesso). Anche allo stadio in giornata di derby, garantito.


Ps. Non c'entra niente, ma a proposito di diverbi uomo-donna, a me questa canzone, fa sempre molto ridere.

martedì 14 dicembre 2010

Il Rumore della Vita che scorre.

Non ci sono parole per questo video, è troppo.
Troppo tutto.

I paesaggi onirici della campagna di Edimburgo, con albe e tramonti, inizi e conclusioni di giorni in un ciclo che mostra uno squarcio di Eternità. La colonna sonora che rapisce, regala una nota sublime e immobilizza il tempo, il cuore, il cervello, e i centri neuronali. Il senso di Libertà, essere ovunque e da nessuna parte allo stesso tempo. La capacità di Danny MacAskill di fare quello che lo si vede fare, diventando unico autore di se stesso, mettendo a fuoco qualcosa di più evoluto, di più reale, di più vivo, che nessuno mai.

Il tutto unito e racchiuso in un cerchio di magica Perfezione.

Quindi, guardatelo.

domenica 12 dicembre 2010

W.E.Coyote, Colui che aveva capito tutto.

Quello che a me piace definire come il Lusso del Fallimento, me lo ha insegnato quel povero cristo di W.E. Coyote. Lui che prova, riprova, non demorde, non si arrende (nonostante la cazzo di fame che ha), senza peraltro riuscirci mai, a prenderlo. Lo stronzo di Road Runner.
Pensavo che oggi, in un mondo in cui il progresso e la tecnologia stanno rendendo la vita quanto di più vicino alla perfezione ci possa essere, sono in pochi a potersi permettere questo lusso, dato che, più o meno chiunque, ci campa con quello che fa. O meglio, con quello che guadagna facendo quello che fa.
Il criterio di valutazione è sempre quello dell'eccellenza, delle cose che funzionano, che vendono, che fanno audience. Come se il coyote dovesse sopprimere lo stimolo della fame e mangiare lattine e cactus solo perchè gli hanno detto con una certa convinzione che sono prelibate.
La paura di non riuscire blocca, facendo mettere da parte idee-desideri-progetti prima ancora di averli pensati-desiderati-immaginati. Il giudizio cade funseto sulle teste di chi si discosta dall'ideale di vita che ti hanno sapientemente preconfezionato e venduto.
Ti fanno credere che non ci sia la possibilità di una immagine a colori: e così che diventa tutto grigio, uniforme, maxi blocchi di cemento, stessa misura, stessa area, stesso perimetro.
Il fallimento, invece, è indicatore di una posta in gioco: nonostante il risultato, almeno ti sei esposto, hai puntato, hai detto la tua mettendo la tua faccina di culo sul piatto d'argento delle scommesse. Perchè la vita è questo. Una scommessa.  Che spazia ovunque, che sia ideare qualcosa, organizzare, conoscere, interessarsi, essere curiosi, ribaltare il proprio punto di vista, considerandolo come uno degli "n" punti di vista immaginabili e ipotizzabili. Che sia rispondere alle domande del tipo "cos'è che contiene l'Universo se l'Universo contiene tutto?" sapendo già che sarà molto, molto difficile azzeccarci.
Vorrei si concepisse uno spazio mentale piu' ampio per il fallimento, un neurone che si prenda la responsabilità di questo arduo compito, arduo ancora di più nel paese in cui viviamo. Un paese che non ha cortile.
E  poi, il fallimento ti assolve dal rimpianto: sai che lo hai fatto, magari male, magari non come avresti voluto, non come avrebbero voluto (anche se di Quelli che Benpensano e degli stronzi non me ne frega poi un cazzo, per inciso). E la prossima volta sarà meglio, magari a segnarsi gli errori, chè hai già un po' di croste qua e là.
I successi, in contrapposizione ai fallimenti, sono il tuo più grande orgoglio, momenti sublimi ed estasi supreme che costellano le tappe di vita, epifanie che ricordi con un sorrisino beffardo, stavolta sei tu che gliel'hai messo nel culo, alla vita; nella meglio ipotesi si tratta di quelle tre o quattro cose che non credevi di avere fatto ma che hai fatto e ti sono riuscite bene (credo che dovrebbe essere un dovere esistenziale e personale riuscire a fare qualcosa di figo, ma figo davvero, senza fallimento annesso - premettendo comunque che a nessuno fregherà mai un cazzo di quello che ti riesce bene, a meno che ti venga fuori una roba pazzesca tipo l'invenzione del telefono o di internet).
La differenza sostanziale è che i successi, una volta ottenuti, te li dimentichi, scappano, rimangono un flebile ricordo nell'angolo della memoria a medio termine, invece per i fallimenti non è proprio sempre così. Quelli te li ricordi bene, restano impressi: ti regalano un attimo di sofferenza, se vuoi, ma anche di respiro, ti insegnano delle cose. E' solo che, per concepirli in questo modo, dovresti prenderti un po' meno sul serio, perchè si può eh. E considerare che, in fin dei conti, cosa succederà mai? Ci si rialza e si riparte, daccapo se necessario.
Pero', per quanto riguarda il Coyote c'è da concepire una eccezione: spero che, per una buona volta, lo prenda, lo stronzo. Chè se lo merita, dai. Anche se poi il cartone animato finisce (e questo non lo vorrei, ma riconosco che è necessario considerare la sua fame come prioritaria rispetto al mio divertimento, povero).

venerdì 3 dicembre 2010

6 could be 9 - Trailer



"6 could be 9" vuole essere una ballata oscura sorretta da musica e fotografia sempre in primo piano, per consentire allo spettatore di abbandonarsi il più liberamente possibile alla riflessione sui due argomenti portanti: il limite spesso impercettibile tra realtà - immaginazione e una violenza mostrata senza sconti, sofferta, improvvisa e cinicamente ammaliante; è un mediometraggio di 38 minuti nato da un soggetto di Paolo "Hyena" Lasagni, che assieme a Stefano Terenziani ha curato anche la regia.

giovedì 2 dicembre 2010

Ode al Colonnello Biscotto - Ora e Sempre

Queste sono alcune motivazioni per cui dovreste ascoltare K-Rock. 
Decidete voi se classificarle come buone o meno. (Per me sono nella fascia dell' Eccellenza).

Innanzitutto:
1. Perchè c'è Mirko Colombo.
(E io, Mirko Colombo lo adoro. E' stato un collega, mi ha ospitato in radio e ha inventato l'appellativo a cui siamo tutti affezionati, "Colonnello Biscotto". Primo tra tutti, è un grande uomo).
2. Perchè ci sono come ospiti gruppi  musicali emergenti e non, ai quali è permesso di suonare lì-live, in studio di registrazione. Con i loro buoni strumenti e le loro capacità.
3. Perchè tra i Beatles, i Rolling Stones, gli Who, Mango e Tiziano Ferro, quelli che non passeranno mai sono gli ultimi due.
4. Perchè passano quella che definisco "Musica". Poi, qualcosa piace di più, qualcosa di meno, ma rientra tutto abbondantemente nella categoria.
5. Perchè nella sala di registrazione c'è un santino che veglia: Cristo con la chitarra elettrica. Ed è assolutamente super.
(Gesù faceva dei gran riff, altro che blasfemia. E' che non deve averlo mai detto a nessuno).









mercoledì 1 dicembre 2010

Negli Anni Add-ietro, c'era piu' App-Iness?

Vi capitano mai quei giorni un po' inclassificabili?
Intendo quelli in cui sei indeciso se considerarli facenti parte del girone dei giorni "pessimi-logorroici", dei "demotivanti-frustranti" o "sulla soglia del mediamente trascorsi". Quelli in cui il massimo delle tue capacità comunicative sono dimostrabili solo in un dialogo con Lupo Lucio e Tonio Cartonio della Melevisione. In cui non riesci a concentrarti e sei senza energia. Che ti stanno sulle palle un po' tutti, così, a prescindere eh, senza nessun motivo valido. Che vorresti startene in pace. In silenzio. In modalità OFF. (Non stand-by, proprio off. Che non vuoi poi essere a rischio di riattivazione).
In merito a queste giornate, pensavo che: c'è una cosa che mi rende sempre piu' perplessa e anche un po' inquieta. Provo ad avvicinarmi alla definizione scrivendo che questa cosa, questo malessere generalizzato, riguarda il campo della Tecnologia (si, insomma, avete capito no? Campo ben definito e delimitato, giusto? Ehm....gggiusto?..Ehm. Va bè. In ogni modo abituatevi all'idea perchè io un termine piu' conciso non riesco a trovarlo).
Nel mondo di oggi, ora, adesso è impossibile essere NR, ovvero "Non Reperibili". Tradotto, non hai mai un secondo per farti i cazzi tuoi. Mai. Nemmeno quando dormi e quando sei sull'aereo. Tutti sanno sempre dove sei e possono sempre contattarti, scriverti, chattarti. E tu puoi fare lo stesso. (Porca puttana). Grazie a delle cosine da niente chiamate Facebook, Twitter, Chat, Messenger, Skype, l'Applicazione che ti dice dove sei-dove devi andare, l' I-Phone, l' I-Pad, l' I-Pod (si anche quello, che con l'accordo Nike, ti conta i chilometri quando vai al parco).
Temo che durante un qualche sbarco alieno (di cui nessuno ha memoria) ci abbiano installato un GPS tra le scapole (come le specie animali in estinzione). Non ci capisco piu' niente. Vado in confusione: mentre rispondo a una mail sono già arrivate altre tre risposte di altri "n" destinatari della stessa mail e, puntualmente, rimango indietro. Loro sono già a disquisire sul secondo argomento e io sto rispondendo ancora al primo. Tecnicamente e fisicamente, non faccio in tempo. Sono lenta. Ci devo pensare un attimo su prima di rispondere, ecco. Vorrei rispondere a tema, almeno. E' una questione di coerenza.
Non appena sono riuscita a metteremi in pari con le mail (con allenamento quotidiano di refresh della  pagina a ogni frazione di secondo abbinata a una discreta rapidità di battitura della risposta) si aprono cinque chat contemporaneamente, si impalla il pc e devo fare CTRL+ALT+CANC, cliccare "termina programma" e aspettare una mezz'ora prima che riparta il tutto (di conseguenza rispondo "ci troviamo in piazzale Fiume" al mio collega che mi chiede se ho visto la sua cartellina porta documenti e  rispondo "devi averla lasciata in bagno, di solito è sempre un momento di grande concentrazione per te" alla mia amica che mi chiede un consiglio su come migliorare l'autostima e su dove ci troviamo per andare all'aperitivo).
E ' un casino capire a chi sto scrivendo e chi mi sta scrivendo, quando tra i miei contatti ci sono diciotto Luca, tredici Elisa e sei o sette Matteo. Alcuni con lo stesso cognome per di piu'. Delirio Apocalittico.Tragedia greca.
Questo dimostra in modo molto concreto come i rapporti sociali  si sono inesorabilmente depersonalizzati. Tutto in un frullatore gigante dove non si sa nemmeno bene cosa ci sia dentro.Un hard disk di dati che passano dal kb al mega, al giga, al tera, allo yotta, in una frazione di secondo. Un borraccione di roba incolore e insapore, anzi, che fa un po' schifo. (Immaginate una sala di un Multiplex, in una qualsiasi domenica di Dicembre, possibilmente visione delle ore 20.00 e pensate - 1. all'odore - di piedi, di popcorn andati a male, di cane bagnato - o peggio, morto 2. al fatto che il film in sè, quale motivazione dello sposamento da casa, passa in secondo piano causa eccesso di caramelle gommose, innovativi tipi di patatine che non alzano il colesterolo, videogiochi, slot machine. Vale la pena di visitare anche i cessi. Dotati di wi-fi. Forse per andarci con l' I-pad, al cesso del Multiplex, se non ti piace il film? Eccheccazzo!) Questo, per intenderci.
Tutti gli scambi sono diventati supersonici, non c'è il tempo di leggere un messaggio, una mail, una frase, di pensare, di sapere davvero cosa vogliamo. Basta che sia subito. Adesso. Magari non ci telefoniamo da sei mesi e non ci vediamo da un anno ma ti chiedo "Ciao, come va? " (In chat, mentre sono in riunione di lavoro e non me ne frega assolutamente un cazzo di come ti va). Solo perchè si puo' fare subito, senza tanto impegno, senza un vero contatto e un vero interesse. Ma con la possibilità di farlo passare come tale.
Conati di vomito. (Avete un Travelgum per i viaggi nei social network?). Forse è da qui che mi deriva un po' di irrequietezza.
A una nostalgica come me, viene automatico il confronto: anche solo fino a una decina di anni fa, al contrario, era impensabile essere Reperibili. Se non nei momenti in cui eri a scuola (nei giorni senza verifiche), quando eri a casa, con il tuo bel baracchino grigio della SIP (e anche qua eviterei di aprire una parentesi sui venti operatori telefonici sul mercato della telefonia di oggi), quando eri a Catechismo (ufficiosamente eri poi a giocare a bigliardino, ma sempre nei sotterranei della parrocchia, quindi il fattore di reperibilità scende al 67,9%) e quando eri in Discoteca ed eri minorenne (prima dei 18 mi portavano e mi venivano a recuperare, percio' dovevo stare lì, per forza).
Per il resto avevi un gran bel po' di tempo per startene in pace. Al parco non ti rompeva i coglioni nessuno, non suonava in continuazione il cellulare e non ti arrivava lo spot dei MessaggiTre. Al cinema non facevi la solita figura di merda della suoneria messicana a tutto volume. Per due motivi: 1. Il cellulare non l'avevi 2. Al cinema ci andavi per guardare il FILM (e non il cesso). Anche se eri scomodo sulla poltroncina di legno. Eppure. Ci andavi, eccome se ci andavi, anche se non c'erano quegli occhiali 3D che, oltre a sembrare un idiota (magari tu indossi già un paio di occhiali per i fatti tuoi che sei miope) ti fanno venire altri conati di vomito e mal di testa.
Una volta per ascoltare la musica preferita avevi il mangiacassette e le cassette "Misto Estate 1993" registrate  con il tasto REC dalla radio, facendo attenzione a eliminare la voce dello speaker e gli applausi - quindi le canzoni erano tagliate di un terzo (alle volte così brevi che non si capiva bene chi fosse a suonare). Era un metodo arcaico, rozzo e di scarsa qualità, ma per me molto funzionale: avevo un gran ordine nelle mie cassette. E conoscevo tutte le canzoni che registravo. Invece, con I-Tunes, è un disastro. Le mie playlist sono doppie, a volte triple, alcune canzoni non so nemmeno come ci siano finite, e non le conosco proprio.
Ora puoi scaricare tutto lo scibile che sia mai stato fatto dall'Umanità in termini musicali. Epoche di musica. Ere geologiche di popoli danzanti. Tutti i generi, cover, medley, musical, bootleg. Tutto.
In fin dei conti, con le cassette, facevi con molto meno. Una decina in un anno al massimo. Poi, vuoi mettere la soddisfazione? Quando dovevi calcolare l'stante preciso tra la pressione del tasto REC e STOP. Impagabile.Credo che le mie difficoltà con I-Tunes derivino da questo genere di nostalgie.
Una volta, per comunicare, c'erano pochi strumenti e c'era poco da andare in giro (altro che wireless): la cabina telefonica (anche se mia madre cercava di farmela evitare- che ci sono i microbi sulla cornetta),  il telefono di casa con la cornetta usurata e la lettera. (Escludo il cellulare che, a detta di mio padre, ce l'avevano solo due categorie di persone: i rappresentanti e gli esibizionisti).
La lettera: quant'è che non si scrive piu' una lettera? Anni? Decenni? Lustri?  Forse secoli. Va bene che io sono una nostalgica della carta, ma , a pensaci, una lettera è fatica. E' pensiero. E' sentimento. E' cura. E' affetto. Innanzitutto, è scritta con la propria calligrafia - unica - ed è indirizzata proprio a colui/colei che la riceveranno - altrettanto unica. Unicità in relazione.
Permette un tempo all'interazione: il tempo di essere scritta, di essere spedita, di essere metabolizzata e capita da chi la legge a sua volta. E di essere ri-pensata per essere risposta. Con il tempo naturale delle cose, con il fattore umano di mezzo. Che è l'unico fattore da cui dovrebbe essere costituita.
Una volta, sapevi l'elenco del registro di classe a memoria (e al massimo dovevi fare distinzione tra due "Luchi" e due "Marchi" della classe o della compagnia...e non tra i dodici "Francesca" o "Alessandro" dei contatti on-line), sapevi a memoria il numero di telefono di casa e sapevi anche tutti gli indirizzi (passi per il civico, quasi sempre sbagliato) così che potevi spedire le cartoline da Riccione.
Una volta sapevi benissimo cosa sigificava essere "Amico", sapevi chi avevi di fronte, lo chiamavi al tuo compleanno, ci facevi le vancanze insieme, ti dava una mano, ci passavi le giornate a ridere, a chiacchierare e a piangere, anche. Era una presenza vera, concreta. Ora si spacciano come amici persone di cui vedi una foto, che hai incontrato di sfuggita ad una festa in mezzo ad altre 200 persone. E puoi sapere molto di questa persona semplicemente digitando un nome e un cognome. Cosa fa, chi sono i suoi amici, dove abita, cosa pensa, dove è andato in vacanza. (Pensare che prima di sapere tutte queste cose, nel 1996, una persona avresti dovuto vederla minimo per un'estate intera!).
Temo che i social network, se usati "male", senza consapevolezza, facilitino pregiudizi, opinioni, idee su persone/cose/eventi che si pensa di conoscere ma che, alla fine, non si conoscono neanche un po'. Per questo sono a favore di chat e mail e tutto, ma solo dopo una interazione reale, fatta di contesto, comunicazione non verbale, timbro della voce, sguardo, espressioni del viso, sorrisi, reazioni. Ed è lì che sta la resa dei conti. Il bello ma difficile compito di Creare qualcosa di Vero. Che lasci un segno.
Quanti I-Pad si regaleranno questo Natale? E a cosa serviranno? Probabilmente a niente. A meno che ti facciano scaricare gratis l'Applicazione che ti ricorda di comprare la carta igienica. E allora, anche anche. In ogni modo, in lista ci metterei anche una scorta di carta da lettere e una agendina per segnare gli indirizzi, sai mai che possa tornare utile. Se il segnale di rete dovesse, per un tempo imprecisato, venire a meno?

Ps. Mi sento un po' Gigi Marzullo a iniziare e chiudere il post con una domanda.

(Tant'è....Datevi una risposta, Amici della Notte)