Lapis and Notes



Lapis and Notes


Post Scriptum:

Welcome.
(To the Jungle).

"Gli svedesi hanno capito quello che la Scavolini ancora no. Ovvero. Che la gente comune ha 40 mt quadri per farci stare un letto, una cucina e un water. E ha sempre sognato la penisola. Poi si è ridimensionata, nel momento in cui ha realizzato un fatto.
Che i sogni si pagano al metro quadro".







martedì 13 dicembre 2011

Wisdom.



- E' bene capirlo da subito.
- E' saggio.
- Evita fatica, spreco di energia, bile e rodimento di fegato.

lunedì 28 novembre 2011

E' meritevole colui che decide in merito al Merito?

Leggevo un articolo sulla meritocrazia in Italia e pensavo a questa cosa.
Partendo dall'inizio inizio, esiste una forma di meritocrazia, in Italia? Che tipo di meritocrazia è? E, soprattutto, è detentore di merito colui/coloro che decidono in merito al merito da conferire a colui/coloro ai quali è ipotizzato o dimostrato essere detentori di una qualche forma di merito?

La riflessione nasce dall' osservazione di quella che è la mia esperienza concreta. Pensavo a me, ai miei amici, ai conoscenti, alle persone che ho incontrato negli anni univesitari, lavorativi, di vita. Quindi, non faccio riferimento ad un campione attendibile per dimostrare qualcosa, ma è pur sempre una realtà. Per quanto piccola (che poi non credo nemmeno lo sia, così piccola, date le attuali statistiche), ma reale. Così.
Tra queste persone, coloro che hanno voluto e potuto intraprendere una percorso di studi più lungo, per esempio una carriera universitaria, quindi un percorso faticoso (si presuppone), costoso (sicuramente) sono proprio coloro che, una volta cresciuti e intraprese queste peripezie del cervello e incrementi dell' attitudine, in modo più o meno efficace d'accordo, una volta entrati nel mondo del lavoro, non si sono sentiti soddisfatti. Non si sono visti realizzati quelli che erano i progetti iniziali, le aspettative di partenza, e si sono sentiti venire meno quello slancio vitale che gli aveva dato un obiettivo a cui tedere, un bersaglio a cui mirare. Un motivo per giustificare la fatica.
E' venuta a mancare anche la concretezza del provare a fare, del mettersi in gioco e dell'avere uno stipendio a fine mese che permetta ad un ragazzo di rendersi autonomo dalla famiglia, oltre al costruirsi una propria vita indipendente. Queste cose non gli sono permesse, il più delle volte. Gli è permesso solo stare da parte, defilati, non opinare, non sconvolgere, non ribadire, non fare, non chiedere troppo, non osare troppo. Gli è permesso solo fare tutto cio' che gli viene detto, ma niente di più. E, ovviamente, niente di meno, pena la perdita del contratto di collaborazione a 500 euro al mese.

Questa dei trentenni di ora (tra i quali, io) è una generazione di sogni interrotti, di situazioni senza soluzione, di energie, idee, proposte buttate al vento, polveri di idee uccise lanciate nell' Oceano dall'alto di una scogliera, di cose iniziate e mai finite causa mancanza di spazi, di fondi, di luoghi, di strumenti, mancanza di tutto. Anche della carta igienica.
Chi si è laureato negli anni scorsi è passato (e, spesso, sta passando tuttora) attraverso odissee, frustrazioni, mancanza di fiducia e si vede crollata la progettualità. Si è accorto che non esiste più quel termine (che fa molto anni '70) "fare carriera", ma esiste solo una remota possibilità di trovare un lavoro più o meno stabile che permetta di togliersi dalla fascia del precariato.

Nel mio percorso lavorativo sono stata sia dalla parte di quella fa le domande per sapere se una persona puo' essere idonea ad una certa posizione, sia da quella che risponde alle domande per sapere se posso essere idonea ad una certa posizione.
E' difficile riuscire a vendersi bene ad un datore di lavoro che ti chiede come mai compaiono quattro diverse occupazioni negli ultimi tre anni. E spiegare cos'è che vorresti poi davvero fare.
Devi pensarci bene a cosa dire. La posta in gioco è alta quando per lo stesso posto ci sono altre trenta persone con il coltello tra i denti.
Il datore di lavoro deve e vuole indagare la motivazione. Bene. Mi chiedo, che motivazione potrà mai trasmettere una persona che ha studiato, ha pagato le tasse, rette universitarie, ha intrapreso viaggi su treni costantemente sporchi e in ritardo, e si è fatta un culo così per laurearsi, magari anche in corso (magari anche grazie alla fortuna di aver potuto fare dello studio il proprio unico lavoro) e poi si trova senza lavoro, oppure con un lavoro sì, ma gratis, o al massimo retribuito con il buono pasto.

Ecco. Mi chiedo che motivazione puo' trasmettere?
 Mi chiedo anche come si puo' fare, a costruirsi un futuro.

Quella domanda che ci hanno sempre fatto, da che mondo e mondo, per indagare la progettualità, l'aspettativa, l'attitudine: "come ti vedi tra dieci anni?"

A vent'anni, da brava ingenua, come è giusto che sia, avevo delle belle idee sul come raggiungere il trentennio. Costruttive, piene di speranza. Vive. Ora, a trent'anni, non riesco a vedermi in nessun modo. E' già tanto se vedo la fine del mese. Ci sono le bollette, l'affitto, le ingiustizie, le frustrazioni, le polemiche, la spesa del sabato, le incomprensioni, l' assicurazione, il da fare quotidiano, l'arrovellamento sulle solite questioni, le difficoltà, la fatica, la voglia di riuscirci, in un qualche modo, a sfangarla, a essere quello che si è. A trovare la soluzione giusta per noi. Nel purgatorio in cui ci incastra la vita.

Vorrei sapere quand'è che ci lasceranno fare quello che vorremmo fare, senza dover sgomitare così forte da lasciarci le penne, quand'è che ci lasceranno imparare quello che potremmo imparare a fare e a farlo anche bene, magari, noi trentenni con la motivazione infilata con decisione lì.

Nel culo.


martedì 22 novembre 2011

Memorie Analogiche.

Nonostante tutto.
Nonostate il freddo. La pioggia.
Nonostante l'età adulta.
Nonostante sia una cosa seria, importante, da saper fare bene.

La prova di evacuazione del palazzo fa diventare tutti un po' idioti.

Viene da ridere.
C'è chi scende con la mela in bocca, chi cade lungo le scale, chi arriva dopo, chi resta chiuso in bagno.

Un po' come succedeva a scuola.
Viene da ridere non proprio così, ma ci va vicino, a come si rideva allora.
Nonostante fossero altri tempi, altri luoghi, altre persone.


E trovi il modo di allungare la pausa caffè.
Proprio come allora.

martedì 15 novembre 2011

Rassegnazioni.

Ti sei mai ritrovato con gli occhiali da sole, per difetto di memoria, all'imbrunire, o con un buio pesto?
E tutti che ti guardano come un perfetto idiota.
(Te lo immagini, perchè tu non li vedi, ovviamente).
Ti sei mai ritrovato con gli occhiali da vista, in spiaggia o in autostrada, in un assolato giorno di agosto, verso mezzogiorno?
Oltre non vedere assolutamente niente, causa riflesso, sei tu che ti consideri un perfetto idiota.

E il brutto è che se non li avessi, gli occhiali sbagliati, sarebbe ancora peggio.
Chi è miope lo sa.
Meglio Piuttosto, per dire.

Ci pensavo qualche giorno fa, mentre correvo in un bosco dai colori autunnali, in pausa pranzo. Con 17 gradi a metà Novembre. Alla rassegnazione.

E' rassegnarsi alle cose che non si possiedono, alle faccende da risolvere, al pranzo con i parenti, alle situazioni nuove. A quelle cose che non si incastrano poi così bene: non bastano la forza, la perseveranza, la determinazione. Niente. C'è un ingranaggio, un tassellino che non entra, che non funziona.
Pensavo alla rassegnazione costruttiva, ovvero quella rassegnazione che serve per essere felici, per essere in pace, per dire sì sono anche io parte di questi piccoli grandi traumi che incontriamo nel vivere. Per dire, ah sì, è dura anche per me. Anche io ho i giorni no, ho le mie sofferenze, un sacco di conti che non tornano e mi faccio serenamente i miei pianti nervosi.
Quella rassegnazione necessaria per stabilire l'ordine, un confine plausibile, per inserirsi nel normale scorrere delle cose, adeguarsi a qualche testata sulla roccia dura. Con eleganza.

Quella necessaria per dare il giusto peso e capire che l'ironia è l'unica ancòra di salvezza di fronte al baratro del dubbio, dell' indecisione. Del buio alle quattro di pomeriggio.

E del nuovo governo, che vediamo come va.


giovedì 3 novembre 2011

Belle Cose (1)

Ci sono i supermercati megagalattici, che restano aperti dalle 8 del mattino alle 8 di sera.
Qualcuno fino alle 22, anche.

E poi c'è Truffi, l' alimentari di via Bismantova, che in un caldo pomeriggio estivo, aveva esposto il cartello: Chiuso.
Sono al mare a prendere l' Aurora.

E queste sono gran belle cose.


La verità, la priorità, il portare avanti il proprio mondo, il mandare un po' tutti a cagare, alle volte.


Quello che non saprai, che non sai e che non sapevi. Per essere coerenti.

No, non mi sono dimenticata di avere un blog e di doverlo gestire.
Non parlerei di negligenza, no.

Piuttosto di trasloco e di grandi cambiamenti.

Ho trascorso queste settimane in un panico fatto da zerbini, stoviglie, tende e tavolette da water.
Copriletti, presine, soluzioni tv, decorazioni per la casa e ripostigli per il mocio vileda.
Dall'andare e tornare dall'Ikea, senza soluzione di continuità.
Sedia Jeff per gli ospiti (dove li metto poi?), Libreria Billy (a un solo scaffale, che poi non ci si passa più), mensola componibile Udden (attaccata bene in alto, che poi ci si sturla).

C'è da ingegnarsi quando le dimensioni sono quelle dell' appartamento Milanese del ragazzo di campagna. E quando hai due armadi così brutti che forse nemmeno negli anni '70, nelle camere dei bambini.

Comunque, queste sono le mie preoccupazioni dell'ultima mese.
E dici poco. Quando ti ritrovi, per la prima volta in vita tua, faccia a faccia con faccende come chiamare l'idraulico, farsi installare un contatore, fare il contratto della luce, del gas e capire chi è che deve inviare quel documento, l'unico che manca. Ecco, ti cambiano un po' di cose.
Sono cose da grandi, come dire. Io che c'entro?

In pochi minuti capisci che:

- Non sai fare un emerito cazzo delle faccende domestiche (anche se credevi il contrario).
- Nessuno più si occupa del tuo nutrimento quotidiano e dei tuoi comfort.
- Non ti ricordi qual'è la gradazione del lavaggio dei capi delicati.
- Il tonno in scatola sarà il tuo Cavallo di battaglia nelle cene con amici (che non vedono l'ora di cenare a casa tua - già immagini la loro faccia quando vedranno una bella insalatona con tonno e Philadelphia Light).
- Non hai una lavastoviglie, nè un ripostiglio per la borsa del nuoto e per le scarpe da correre.
- Ancora peggio, non sai se hai sufficiente ossigeno o luce per poter sopravvivere. Almeno, quella è la prima impressione.
- Non hai il parcheggio per l'auto.
- Devi tenerti in costante aggiornamento sulle offerte del Mediaworld, Comet, Expert su televisori e pc (che ancora non hai, ovviamente).
- Niente è, nè sarà mai e poi mai, troppo facile. Ci sara' sempre qualcuno, qualcosa, il fato, una congiura, un rito woodoo, il Karma, contro il tuo sommario tentativo di parziale emancipazione dalla famiglia di origine.

Mentre capisci queste cose, che già è doloroso di suo, si rompe la piastra per capelli.
Chiami il tecnico e ti dice che se ce l' hai da più di due anni non è più in garanzia, non te la cambiano.  E non si aggiustano, quelle piastre lì così tecnologiche.

Tu ce l'hai da più di due anni.
[...]


Sono prove di coraggio, che forgiano il carattere, queste.





PS. Ma qualcuno sa dove spariscono sempre le garanzie?
Io non ne ho mai trovata una.
Credo sia una di quelle questioni un po' esoteriche, che ci sono ma non si vedono. Ecco.
Che a ben vedere, se anche ci sono, restano sempre troppo poco, o, comunque, non il tempo necessario ad espiare tutti i nostri peccati.

venerdì 21 ottobre 2011

La Ciclicità (che ammazza).

Insiemi eterogenei di riflessioni sparse e notevolmente approssimative.
Alla Carlona, cioè.
Quei riempitivi che ci metti quando non sai cosa scrivere, insomma.

(Ma non è il bello dei blog poter scrivere tutto e di più, senza rispettare nessuna tempistica, nessuno schema, nessun tipo di regola stilistica, grammaticale, ortografica, lessicale? Nessun prima, nessun dopo, nessuno svolgimento? Sì, questo è il bello.)


A.
Com'è che gli amori più belli, alle volte, sono quelli impossibili da vivere?
Quelli che non trovano mai espressione, strada, direzione.
Quelli mai confessati.
Nemmeno a se stessi.

E sono così belli proprio perchè rimangono tali. Inespressi. Repressi. Mai vissuti. Mai tentati. Mai ascoltati. Possiedono la perfezione di ciò che non è viene inserito nell' ordine naturale e caduco delle cose.

B.
Non avete paura che qualcuno di importante smetta di occuparsi di voi? Che smetta di farlo, all'improvviso? Semplicemente così, senza motivo. Solo perchè si è stancato.

Ognuno ha bisogno, una mezz'oretta almeno al giorno, di qualcuno che si occupi di lui. 
Un abbraccio, un bacio, una lettera, due chiacchiere, uno sguardo, un sorriso complice, una canzone.

Ecco il motivo per cui esiste la radio: abbiamo la ovvia consapevolezza di essere in un momento di condivisione. Sappiamo che altre persone stanno ascoltando la stessa canzone, anche se all'interno delle loro vite. Delle loro case o delle loro auto. Ma proprio quella lì, in quel momento.

Ho l'impressione che la radio sappia occuparsi benissimo di noi, in certi momenti.

(Krock per esempio).

C.
Vi è mai capitato di trovarvi indifesi in un vortice mortale di: codici, cataloghi, pezzi, varianti, combinazioni, soluzioni per ogni ambiente, metrature, strutture, imballaggi?

Ecco. Credo abbia origine da qui il mio odio profondo per l' Ikea.

Anche perchè ci devi tornare. Sempre.
Hai dimenticato un pezzo, oppure ti danno quello sbagliato. Con una probabilità del 99%.



D.
Esiste una ciclicità per ogni cosa.
Esiste quella che è sinonimo di crescita, di cambiamento, di naturale scorrere delle cose.
E poi, esiste quella che ammazza.

Esempi:

Il cambio dell'armadio.
Il cambio dell'orario.
Il cambio di temperatura.
Il raffreddore.
Il sonno.
La Domenica sera, dalle ore 18.00 pm. In poi.
L'aereo del ritorno.
Il ciclo mestruale.
La fila in seggiovia.
La fila alle poste. Dal medico.
L' affitto da pagare.
La rata della macchina.

Altro esempio di ciclicità che ammazza (l'amore, o il surrogato).

F ama G. Che a sua volta ama L ma non F. F soffre perchè il suo amore non è corrisposto da G e va a consolarsi da T. Quando F e T iniziano a piacersi un po' tanto, allora è il momento in cui G torna da F dicendosi di essersi sbagliata e lascia L. L disperato va da F e gli parla (abbastanza sincero), dicendo che G è una gran stronza, ma F lo sa già. E non se la riprende. T disperata (e un po' invidiosa) va da G e le parla, dicendo che F è un gran stronzo, ma G non le crede. E insiste con F. F alla fine cede al fascino di G (essendo la sua punta iniziale, poi) e dopo un po' succede che F  lascia G e torna da T. G disperata... [ to be continued]

E' così che vanno certe faccende.
Inutile domandarsi troppi perchè. Non ci è dato sapere, nè ora nè mai.

E.
Certi sguardi non te li dimentichi. Creano un solco indelebile nella memoria visiva.
Sguardi di persone lontanissime anche, che non vedi da decenni magari.
Lo sguardo resta quello.
E lo ritrovi identico anche dopo 15 anni. Dopo 20. Dopo una vita.

E' in un qualche modo rassicurante.

F.
Quando incontro un compagno di classe delle elementari (vedi punto precedente) non posso fare a meno di notare i segni del tempo, in quanto mi viene naturale confrontare la sua immagine attuale, per me nuova, a quella di bambino, quale era, che riconosco io.

E di intuire che ci sia un rapporto direttamente proporzionale alla mia. Di immagini.

G.
Se stai troppo lì a pensarci, ti viene paura.
Vai. Vai!

Tipo quando devi fare un tuffo da un trampolino o da una roccia molto alta.
E' peggio stare in alto e guardare giù, che buttarsi. Molto peggio.

H.
Ho già raccolto un quantitativo idoneo di stronzate che mi permette di andare a dormire con la coscienza a posto. E chiudere il primo post dedicato a questa cosa qua che mi è venuta in mente stasera.

Comunque, non disperate.
[To be Continued...]

Ps. Sì, è ciclica.
E si chiama "La ciclicità (che ammazza)". Se non si era capito.
E questo è l' Atto I.

Pps.
Sempre per restare in tema di ciclicità che ammazza: racchiudo in questo insieme anche il semplice fatto di appoggiare il piede - inavvertitamente - sul prodotto fumante di uno sfintere canino.

Ai più fortunati, capita.
Spesso anche.



domenica 9 ottobre 2011

When you have to write a number that begins with a 3. Take care. Of your family, your parents, your friends, your hair, your fat, your skin (and even your crow's feet).


Sarà ma io questa cosa qui che è l' 8 Ottobre mi fa venire un po' di pensieri e qualcosa mi viene di scriverla. Ce l'ho qui pronta pronta. Qui appoggiata sul cuore.

L' 8 Ottobre di trent'anni fa succedeva che una giovane donna stava dando alla luce una figlia, una neonata settimina di 1,700 Kg, alle ore 18.30. Segno zodiacale Bilancia, ascendente Toro. Per la precisione.
L' 8 Ottobre è anche oggi, dopo trent'anni, e questa giovane donna di allora - che è poi la mia mamma - seduta al tavolo della cucina davanti ad un caffè, racconta a me - che poi sono la neonata di allora - com'è che è stato. Ecco. Io non so se ce la faccio.
Ci sono cose che non si riescono a descrivere.

Racconta di cosa facevo, cosa faceva lei, che mi teneva stretta stretta e mi faceva addormentare sulla pancia del mio papà sdraiato sul divano.  Di come dormivo all' istante, assuefatta da quel calore di genitore - che mai gli riuscirà meglio un qualche altro ruolo nella vita, ad un papà, che quello di genitore di un figlio ancora così piccolo. Assuefatta dal calore di casa, della famiglia. Dalla voce della tv in sottofondo.
Di come non c'era verso di lasciarmi troppo all' asilo, che avevo paura di essere abbandonata e passavo le mattinate a piangere. Di come non c'era verso di farmi mangiare, se non trasmettevano il programma di Raffaella Carrà, tipo di Domenica.
Di quando indicavo i fiocchi di neve fuori dalla finestra e dicevo mamma è tutto banco. Di quando li guardavo ballare, incantata. (Qui, mi ricordo che le chiedevo com'è che si fa mamma, a ballare così, come te e il papà. Lei non mi rispondeva mai. Sorrideva). Di quando credevo che il pesciolino rosso stecchito, dormisse su un fianco.

Racconta di come si sono conosciuti, lei e il mio papà, chè poi queste cose vanno sapute bene, quando si diventa grandi. Di quali compromessi, quali espedienti hanno dovuto e saputo trovare per mandare avanti la baracca, noi figli, il lavoro, la casa. Le naturali e imprevedili scommesse nel futuro, insomma. Che speri che il cielo te la mandi buona, quando non hai molti elementi di valutazione.
Di come non hanno mai dimenticato di scegliersi a vicenda, giorno dopo giorno. Fino ad oggi, fino ad ora. 
E di quella volta che ha visto il mare, a vent'anni.
Chè non c'erano i soldi, allora, per permettersi di vedere il  mare troppo spesso. Era una cosa straordinaria, il mare. Molto più di adesso, come.
Racconta di quando ero così piccola che credevo che il mondo fosse un posto dove non c'era cattiveria, guerra, e dove noi bambini avremmo potuto essere felici tutti allo stesso modo.

Oggi sono così. Spaesata.
Non mi sembrano passati trent'anni da quando mangiavo solo se c'era Raffella Carrà in televisione e indicavo con il dito i fiocchi di neve.
Invece, pare sia così. Se controllo la carta di identità.
Mi ritrovo qui a scrivere, cresciuta, con la mia ciocca di capelli bianchi (una sola!) da rigirare tra le dita.


Trenta.
E' partenza e ritorno, è oblio e consapevolezza, è maturità e potersi permettere un po' di leggerezza, forza e debolezza, è indipendenza e bisogno, vizio e virtù. E' determinazione e vaneggiamento. Certezza e dubbio. Coraggio e vigliaccheria. E' libertà e responsabilità. Solitudine e compagnia.
E' il punto esatto, spaccato, in cui gli opposti si attraggono e creano unità. Le due facce della madaglia che si rivelano contemporaneamente. Il punto esatto in cui inizi a capire chi sei.
E ci sono persone che ti aiutano quotidianamente a farlo.

Le persone che mi aiutano in questo difficile compito, che lo hanno fatto fino ad ora, oppure ieri, quando avevo 18, 12, 8 anni. Sempre. Oggi ce le ho qui, nel cuore. Oggi più che mai. Perchè voglio pensarle, voglio dedicare più attenzione a questo pensiero che solitamente fugge veloce.
Sono quelle persone che fanno - o hanno fatto - della mia vita qualcosa di unico, di magico, di preziosissimo. Che danno colore, sfumatura, energia, bellezza. Che mi aiutano a risolvere le equazioni, a capire, a ragionare. Che mi guidano e mi fanno da specchio per vedere i miei errori. Che mi tendono una mano e mi danno una pacca sulla spalla o una sberla in faccia, se necessario.
Che hanno permesso fossi quella che sono.
La mia mamma e il mio papà, mi fratello, Silvia e mio nipote. Le mie amiche di sempre, con le quali sono cresciuta, che mi hanno visto con l'apparecchio, con il grembiule di scuola, senza un dente. E si andava a rubare i trucchi al supermercato, si dormiva insieme mangiando caramelle schifose, si fumava la prima sigaretta, si prendeva la prima sbronza, si facevano le compagnie grosse grosse, guardando da sdraiati le stelle in cielo, in una sera d'estate. E se mi viene da piangere, le posso chiamare senza vergognarmi. La Benni, chè ci sono persone che ti capisci, senza troppe parole, senza troppe spiegazioni, senza fronzoli. Che lo sai. L' Anto, che è sintonia. Gli amici Vigorosi, che sono vita, senza i quali non potrei ridere così, sentirmi ancora parte di quell' immenso tutto che da sempre amo, anche se è difficile, alle volte, è difficile capirsi quando si è così tanti e così diversi. Senza i quali non si potrebbe fare quello che si fa, andare dove si va, condividere tutta quella unicità, quella perfezione dei momenti insieme. Che non ci pensi, ma hai paura che non possano più tornare, questi momenti. Schiva, che mi ricordo ancora di quando sono finita nella torta di compleanno dei miei 18 anni e mangiavamo la somarina. Micro e Gigi, perchè ci sono persone che gli vuoi bene e ti confronti e ti dicono che stai dicendo delle cazzate. E gli credi. Poi, poi gli dici la stessa cosa, ma loro ti credono meno. E gli vuoi ancora più bene. Scanta, perchè capita che incontri delle persone di un certo spessore, senza aspettartelo. Così, all'improvviso. In un angolo di una piazza. E diventano, in un qualche modo, parte della tua vita. La Paola, Cecco, perchè senza di loro sarebbe stato un grosso casino, per avermi dato due o tre dritte di quelle come si deve, qualche indicazione di base per vedere il necessario, su piani differenti.
Le persone con cui ho condiviso un pezzetto del mio cammino, della mia vita. Che hanno portato consapevolezze, rinascite, cambiamenti, ma che poi si è dovuto dire ciao, arrivederci, in culo alla balena. A cui sarà sempre riservato un monolocalino nel cuore, nonostante tutto. Che gli ho voluto un gran bene. Non ci puoi fare niente, le strade si separano, alle volte. Lasciando fare la vita, lasciando che le cose vadano come possono, come devono.
Gabri, che un capo così non mi capiterà più, con tutta probabilità. Gli anni dell' Università, che dovrebbero dirlo prima che sono così speciali. Le vecchie compagnie, che compagnie più non sono, ma che ognuno di noi ben ricorda: il Bell'Albero, le Rane, il Diamante, la Polo, l' Obelisco, Santa. Mirko Colombo, che ci sono persone che credono in quello che fanno così tanto da farlo molto, moltissimo bene e la loro passione è così radicata da poterla quasi vedere, quasi toccare.
Per quelle persone che vedo poco ma che, quando succede, l'unica cosa che mi viene di fare è un lungo e forte abbraccio. Perchè sono vere e limpide come l'acqua di montagna.


Grazie di contribuire in modo così incisivo alla bellezza del mio primo giorno nel trentennio.
Un abbraccio onnicomprensivo. Forte. Fortissimo.
Più forte che posso.



Un doveroso pensiero al fatto che avro' un indirizzo diverso sulla carta d'identità.
Un nuovo zerbino davanti ad una nuova porta.
Un nuovo letto ed un nuovo armadio. Un nuovo campanello.
Un nuovo stato di famiglia. In cui c'è solo una riga compilata. Con il mio nome.

In tutto questo tempo ho capito che, alle volte, non ci sono risposte corrette in assoluto.
Sono le domande a dover essere pertinenti.





Tipo.

[...] Com'è che funziona il lavaggio per i capi delicati?




* L'ultima immagine è una "Om" ma sembra un 30. E porta fortuna. Dicono.
E io ci credo.

giovedì 6 ottobre 2011

Anche mio nonno sarebbe stato un trattore, se avesse avuto i cingoli.

1- Pensiero numero 1
    (Anni luce lontano dalla consapevolezza)

Se solo fossimo in grado di desiderare di più. Desideri veri, però. Non surrogati. Se fossimo meno ricchi di cose materiali. Se invece dello Champagne venisse elogiato il Lambrusco. Se invece dell' Audi A8 clima uscisse un nuovo modello di Apecar. Se non fossero l'economia e il denaro a decidere le sorti delle nostre vite e delle nostre professionalità. Capacità. Passioni. Se invece del Prozac, del Cialis, del Ritalin vendessero Zigulì. Se potessimo andare in giro con le roulotte tutti giorni, a vedere com'è il mondo.

A volte ci penso, a come sarebbe. A come saremmo.
E non riesco a immaginarmelo.

Leggevo un articolo su Christiania, comunità indipendente di Copenaghen, e sono rimasta affascinata dalla loro organizzazione e dalla loro idea di Libertà. Una parola che noi conosciamo solo in parte. Una piccolissima parte.



Quale sarebbe la vostra reazione di fronte a una vita così?
Ecco. Volevo solo condividere.








2- Pensiero numero 2
   (Un Kilobyte più vicino alla consapevolezza, di quello di prima)

Quello che ho capito attraverso l'esperienza, l'età, gli scivoloni, il mal di stomaco, le gaffes, le porte in faccia, il sudore, la fatica, i fedeli Orgoglio&Ego bistrattati da chiunque a cui fosse - da me - permesso, le vesciche ai piedi per i tacchi troppo alti, l'apparecchio ai denti, le battute cattive che fanno su di te e ti è venuto cosa rispondere quattro secondi dopo, ovvero troppo tardi. Perchè non eri pronta.

Ecco, quello che ho capito da queste cose - anche con un certo ritardo - è il motivo per cui ci hanno sempre detto che l'apprendimento è più efficace facendo i collegamenti. Quella mostruosa pedanteria. Fin da quando andavamo a scuola.
E' solo con il ragionamento, il capire, il far circolare bene i neuroni del cervello in modo ordinato, che possiamo sperare di sfangarcela. E' solo facendo i collegamenti - che poi magari non c'azzeccano niente - che hai la visione d'insieme. Ci provi, ci metti del tuo. Insomma, diventi grande.
I disastri e le catastrofi, se le colleghi, danno maggiori elementi per capirne la causa scatenante.
E per valutarne le conseguenze.
Niente e nessuno puo' essere considerato in quanto tale, capito in sè e per sè. Nè tantomeno giudicato. C'è sempre un prima, un dopo, un contesto. Sono tutte cose da valutare con attenzione.

Bisogna sempre stare in guardia, muovere le cose, mettersi a provare.
Saper fare i collegamenti.

Che la vita ti prende alle spalle, altrimenti.


(Ed è meglio imparare la buona abitudine di non chinarsi troppo).





giovedì 29 settembre 2011

Sulla radicale difettosità dell' immediato.

Quando non avevi l' Aifon e, di conseguenza, nemmeno le apps SoundHound o Shazam, potevi rimanere decenni senza sapere di chi fosse quella canzone, quale il titolo, di quale anno, di quale album,  quella canzone lì, proprio quella lì. Che passavano in quel preciso istante alla radio, che faceva così...na-nana-na-na-na-nannana. E che non sentivi da almeno tre anni.
Quando non avevi l' Aifon, rimanevi così. Come un idiota. Senza saperlo. E così rimanevi. Continuando a non saperlo. Non in quel momento e, probabilmente, mai. Rimanevi con quella strofa e quel ritornello in testa, in un vano e prolungato tentativo di riprodurlo vocalmente, o strumentalmente (sempre che tu fossi stata in grado di suonarlo, uno strumento). Invano, appunto.
Nemmeno il tuo amico malato di musica poteva aiutarti, eri troppo stonata, per non parlare del ritmo e delle parole. Ciao.
Il destino di quella maledetta canzone meravigliosa era quello semplice e determinato di tornare nell'oblio delle canzoni sconosciute, ma già ascoltate. E lì, in un qualche modo, scomparire dall'orizzonte, dalle possibilità di essere scelte con volontà, con libero arbitrio. Forse per sempre.

Fino a che.
Sei in macchina, un giorno qualunque. Magari anche in ritardo. E arriva, lei. Lei.
Proprio quella. Capita, alle volte. Capita.
E stavolta. Stavolta possiedi uno smartphone di ultima generazione con l'applicazione (magica, superlativa, rivoluzionaria) SoundHound.

Le fatiche di una vita si azzerano in meno di trenta secondi.
Un attimo di agonia. Solo un attimo.
Stai lì con il fiato sospeso e gli occhi incollati allo schermo. Per sapere. Subito. Chi è colui che sta producendo una così sublime combinazione di note. Chi è chi è chi è....eppure...è una voce che mi sembra di conoscere.

Analisi in corso.

Serenade, Steve Miller Band. 

Ecco.
La fatica di una vita.
Direte...vabbè chissà che fatica. E' famosa.
E vabbè, sarà anche famosa, ma io non conoscevo il nome, nè della canzone, nè del gruppo.
Prima di SoundHound.
Portate pazienza. Quando si hanno così pochi elementi si è felici con poco.

Ero lì intenta a guardare il video Burton 2012 ai Magazzini Generali a Milano, ed eccola lì.
Stavolta non mi ha fregato. No.
Stavolta l'ho identificata e posso non aspettare altri quattro o cinque anni per ascoltarla. Cioè.
Posso decidere quando. E non è cosa da poco.

Anche se. C'è un però di tutta questa beltà che non mi convince.
Peccato una cosa.
Un certo rammarico.

La velocità con cui è possibile scaricare tutto lo scibile umano in fatto di musica.
E le quantità infinite di gigabyte di hard disk in grado di contenere tutto questo nello stesso posto, nello stesso momento, fruibili dalla stessa persona.
Tutto, subito.
E' bello, bellissimo, ultracomodo. Ma è come se si attribuisse meno valore ad un singolo brano. Come se la sua unicità si perdesse in un mare di altri brani. Come se uscisse già un po' ammaccato, non dal confronto con gli altri - che alle volte il confronto nemmeno si pone -  ma dalla quantità eccessiva. Troppa musica. Subito. Tutta quella che vuoi, c'è. Anche quella che non vuoi, che non conosci. Nuova, di ieri. E del 1956. Tutta. Indiscriminatamente.
E va a finire che le ultime tre tracce di quell'album non le ascolti.

Ora.

1. Dove sta l'affezione per quella musica, quel preciso artista, quel preciso brano che, fino a un po' di tempo fa, per qualcuno, si poteva definire come viscerale? Una specie di devozione, venerazione?
2. E' ancora possibile il discernimento di ciò che davvero emoziona, ciò che davvero merita di far parte della propria personalissima e quasi unica (quasi come il dna, quasi) playlist?
3. E' possibile trovare il tempo necessario - e dico necessario, non sufficiente - per ascoltare tutte - e dico tutte - le tracce di un album in modo da sapere quali sono state scritte per il nostro momento di vita, ovvero questo esatto in cui le stiamo ascoltando? Le sappiamo riconoscere con sicurezza?
4. L'acquisto della t-shirt del gruppo musicale preferito - e deve esserci, un preferito - è di conseguenza mirata? O il guardaroba è strapieno in quanto c'è un ripiano dedicato democraticamente a tutti? Uno per Rosalino Cellamare, uno per gli  Iron Maiden, uno per Michael Jackson, uno per Ornella Vanoni...e così via...?

Ecco. Queste sono cose che mi preoccupano.
Perchè non si parla di pettinare le bambole. Di noccioline. Di politica. Di cessi intasati (non so perchè mi si associano in mente le parole politica - cessi intasati). Di mangiatoie per maiali. Di dentifricio alla salvia. Di maglioni infeltriti.

Ma di musica.

E tutto diventa inevitabilmente meno opinabile.
A mio personalissimo avviso.



martedì 20 settembre 2011

Il desiderio dell' avere bisogno. Il bisogno del desiderare.

Lo sappiamo.
Maslow (1974) dice che i bisogni del genere umano sono sette e sono classificabili in ordine di priorità, rappresentabili con una piramide. Alla base quelli fisici, fondamentali per la sopravvivenza, e via via andando su, quelli riguardanti la sfera emotiva e mentale.
Bisogni da carenza (che agiscono come pulsioni) sono i primi quattro, partendo dalla base: fisiologici, di sicurezza, di appartenenza, di autostima. Gli altri tre sono i bisogni di crescita e si avvertono quando tutti quelli prima citati vengono in un qualche modo soddifatti. Sono il bisogno di conoscenza, di bellezza e di autorealizzazione.
Questi non agiscono come pulsione ed è possibile vivere benissimo anche senza. (Anzi, la fonte dei più grossi struggimenti, delle più terribili angosce esistenziali, delle paure ancestrali, dei grattacapi da indecisione, delle aporie universali e di tutte queste faccende confuse contro cui ogni tanto andiamo a sbattere, non sono forse dovuti alla virtuosa e stramaledetta conoscenza?).



Per l'autorealizzazione, la questione è varia.

Per esempio, prendiamo il campo professionale.
Credo sia doveroso, a mio parere, in primis farsi un'idea di vita, e solo a posteriori pensare di incastrarvi, in modo coerente ad essa, un lavoro.
Non lo condivido, ma esistono anche persone che fanno il contrario. Ovvero, incastrano una vita nell'idea di lavoro che hanno.  E succede che ne diventano shiavi. Di quel lavoro. Dedicandovi tutto. La libertà. Barattando l'anima. Le emozioni. Trascurando le cose importanti. Le relazioni, per dire.
Fino a fare i conti con miliardi di rimpianti, a giochi fatti. Spesso, in tempi futuri. Spesso, troppo tardi.

Ricordo un seminario a cui partecipai anni fa, nel 2006, sul Self Empowerment.
Relatore Massimo Bruscaglioni.



In quanto a bisogni.
Bruscaglioni distingue nettamente il bisogno dal desiderio, traccia una precisa differenza di confine: il bisogno è legato alla frustrazione, è spiacevole, imprescinsibile, specifico, riferito al passato. Il desiderio, al contrario, è legato alla soddisfazione, è piacevole, flessibile, generico e legato al futuro.
Egli suddivide i desideri (senza piramide gerarchica pero') in:

1- Desiderio di espansione dell'esperienza
2- Desiderio di crescita delle capacità
3- Desiderio di innovazione
4- Desiderio di generazione
5- Desiderio di comprensione della vita

Solo partendo da questi è possibile raggiungere un nuovo stadio di consapevolezza ed evolvere.

Pensavo che, spesso, purtroppo, scambiamo il desiderio con il bisogno. Immenso errore.
Il desiderare è il motore dell' evoluzione, della crescita, della consapevolezza di sè e dei propri mezzi.
Ma viene solo DOPO la soddisfazione del bisogno. Soprattutto, la frustrazione del desiderio non preclude la nostra sopravvivenza. (Magari solo un po' di felicità. Ma non deve essere motivo di disperazione, di depressione o altri simili fattori di negazione di sè).
Ecco, questo è il punto.

Se consideriamo bisogno un semplice desiderio ne restiamo schiavi.
Se non riusciamo a soddisfare questo desiderio pensiamo di essere dei falliti, ci diperiamo, siamo affranti, lamentosi e bisognosi di sostegno.
Se consideriamo qualcosa di soggettivo come così pregnante (alla stregua del bisogno oggettivo, appunto), non daremo mai il meglio: siamo troppo agitati, troppo presi dal voler raggiungere quel risultato che abbiamo deciso aprioristicamente. A tutti i costi.
Fino a che è facile che ci sfugga dalle mani. Dal cuore. Fino a che è facile trovare un muro che ci ostacola.

Se ho "bisogno" di vincere quella gara, è facile che non la vinca.
Se "desidero" vincerla, le cose potrebbero cambiare. Magari non la vinco comunque. Ma le probabilità aumentano.
[Cit. Bruscaglioni]

Non si muore se non si innova, se non si diventa genitori, se non ci si sposa, se non si possiede una villa al mare, se non si raggiunge quel ruolo professionale, quel posto di lavoro, se non si vince quella gara.
Sono tutte cose che regalano felicità, autostima, orgoglio, fiducia e ti fanno tirare avanti meglio il carretto della tua esistenza, certo. Ma che, per rimanere costruttive e positive, non devono diventarne motivo fondativo. Non devono legarsi all' idea di bisogno, perchè bisogni non sono.
Una speranza deve rimanere tale, un' aspettativa anche. Delimitate nella loro area di desiderio, di desiderio in quanto tale.


E adesso, scusate, ma ho un tragico...bisogno di dormire.
E il desiderio di sognare, chessò.
Una montagna innevata. O Jude Law.
Vanno bene entrambi.


Meglio il secondo, vabbè.



" In ogni istante della vita si è ciò che si deve diventare e non meno di ciò che si è stati"
[Oscar Wilde]

Ps. Lo so, Wilde è fuori discussione che fa un po' Bacio Perugina, ma questa frase è indubbiamente il mantra della serata.
Quanto è vera?

venerdì 16 settembre 2011

Fastidiose e Attualissime Incoerenze Percepite.

Ci sono tre cose che ultimamente mi lasciano un po' così.
Perplessa. Ecco.

(Sarebbero svariate centinaia le cose che mi fanno questo effetto, ma per questioni pratiche, voglio sintetizzare).

Sono proprio queste tre che fanno a cazzotti con la mia moralità. Come dire.


1- La pubblicità del cane con il Moncler
2- Le Hogan Rebel
3- Le cazzate che dice (e che fa) la Gelmini





D'accordo ce ne sono due frivole, su cui si può soprassedere.
Ma, dico io.

1 - Può un Golden Retriever avere così freddo da voler essere imbalsamato in una mantella Moncler?

A tal punto da farlo assomigliare, in quanto a fattezze estetiche al bruco mela, e in quanto ad agilità ad un bradipo? Farlo diventare lo zimbello dei cani?
Un momento di riflessione.

2- Puo' un paio di Hogan, essere identificato con l'aggettivo "Rebel"?

Se penso alla parola "Rebel" mi viene in mente, che so, Keith Richards, la canzone di Bowie (o di Celentano), Pippi Calzelunghe, i pantaloni camouflage, Giovanna D'arco, Che Guevara, Patti Smith, Virginia Woolf, Salvador Dalì, i jeans strappati, quello dei Goonies con l'apparecchio. Che so. Una cosa così.

Ma le Hogan no.
Le Hogan sono quanto di più lontano alla mia categorizzazione nell'insieme di appartenenza della parola Ribelle.
Ci tengo a precisare.

3- Può un ministro (dell' istruzione per di più) disquisire in merito a dati (ad esempio la media di alunni per classe) con ultimo aggiornamento risalente a un'era giurassica (si scopre poi), ovvero al 2009?

Guarda caso, proprio PRIMA della riforma Gelmini.




(Non so se sperare che sia superficialità o malafede, la sua).







lunedì 12 settembre 2011

A Left Mathematician, a Right Artist. (Poi ci sono quelli Out, come un maiale in salotto)

Sono in fase di progettazione: vorrei trovare un metodo che mi permetta di fare alcune cosette contemporaneamente. O, almeno, in un arco temporale inferiore. Non ho sempre giornate intere a disposizione. E le ferie sono finite da che mò.

Le cosette in questione sono, in ordine sparso: aggiornarmi sulle novità in fatto di musica, politica, blog, attualità, tecnologia, libri. Poi, in seconda battuta, trovare il tempo di leggere i blog, le notizie, i libri in questione, ascoltare la musica in questione, guardare i film in questione, leggere i quotidiani, capire cosa sto leggendo e cercare di farmi una opinione in merito, con gli elementi a disposizione. O leggere opinioni di altri, di persone che reputo in un qualche modo più attendibili, più critiche e che scrivono cose che sento essere più vicine al mio modo di vedere il mondo (facendo economia cognitiva, chè condividere è meno impegnativo che creare). Scrivere il mio blog (questo, per la precisione), pulire casa, andare in posta, compilare il modulo per i ticket sanitari (lo avete fatto?), rispondere alle mail, fare la spesa, avere una vita sociale stimolante (e magari anche sentimentale, ma questo è da inserire tra parentesi, è un'altra storia che merita uno spazio a sè stante), partecipare al partecipabile, aiutare il prossimo, fare il check up delle varie parti del corpo chè ormai non hai più 18 anni, organizzare appuntamenti, aperitivi, viaggi, visite di sostanziale cortesia e quelle di cortese sostanzialità, disincrostare il calcare dei rubinetti e del water, dedicare ai miei tre sport la necessaria costanza e, ai miei quattro hobbies, il loro fondativo entusiasmo maieutico.

Per non annoiarvi, mi fermo qui.

Mi ritrovo a scrivere qualcosa a casaccio, mentre ascolto musica, mentre leggo un libro, sdraiata a testa in giù, impegnata a fare stretching. Pensando alla lista della spesa e a quel film di woodiallen che non ricordo il titolo. Pessima.
Oltre ad avere ovvi problemi a seguire quello che si definisce "filo logico", c'è di bello che mi capita quella cosa strana, detta Serendipità.

Scopro cose impreviste, mentre ne sto cercando altre. E non è cosa da poco, dato che mi risparmio tutto il difficile. Ovvero il sapere cosa sto cercando, fare le domande giuste, sapere dov'è che devo guardare attentamente, il preambolo, il prologo, analizzare bene bene. Di solito è solo così puoi avere qualche possibilità di individuare il presunto bersaglio di partenza. Sulla carta.
C'è da dire che se invece hai le idee un po' confuse sull'obiettivo della ricerca, come nel mio caso, è sempre sorprendente quello che scopri. Quindi va sempre bene. Minimo sforzo, massima resa.
(Sempre un po' per l' annosa e vecchia come il cucco, questione delle aspettative. E del sapersi sorprendere. Anche passati i sette/otto anni).

Oggi ad esempio:

- Cercavo di sincronizzare un po' di cose da I-tunes a I-phone e mi è capitato di riascoltare, casualmente, un album che credo sia un bel po' bello. Loro sono i Beirut e l'album si intitola "The Rip Tide". Il video di Elephant Gun è da vedere.

- Gironzolavo su Google immagini, quando ho visto la nuova campagna pubblicitaria Mercedes Benz. Oltre al fatto che i prodotti Mercedes Benz sono piuttosto fighi, questi disegni paragonano le caratteristiche della vettura a emisfero destro e sinistro del cervello, richiamando graficamente l'idea di completezza, di complementarietà dei due.

Un po' presuntuoso se vuoi, ma di un certo impatto.




 Left brain
I am the left brain.
I am a scientist. A mathematician.
I love the familiar. I categorize. I am accurate. Linear.
Analytical. Strategic. I am practical.
Always in control. A master of words and language.
Realistic. I calculate equations and play with numbers.
I am order. I am logic.
I know exactly who I am.




 Right brain
I am the right brain.
I am creativity. A free spirit. I am passion.
Yearning. Sensuality. I am the sound of roaring laughter.
I am taste. The feeling of sand beneath bare feet.
I am movement. Vivid colors.
I am the urge to paint on an empty canvas.
I am boundless imagination. Art. Poetry. I sense. I feel.
I am everything I wanted to be.




Mi è venuto di ripensare al mio esame di Fisiologia, nel lontano 2002.
(E al fatto che queste illustrazioni mi sarebbero servite di più allora, che quando dovrò cambiare l'auto).

- Riguardavo alcune fotografie recenti, di qualche domenica fa.
Ci sono eventi che vale la pena di andare a vedere. Di sostenere. Ci sono persone brave, che sono poi artisti. E artista è colui che ha saputo fare della propria passione un lavoro. Da dove deriva l' arte, se non da qui?
Qui, al Ferrara Buskers Festival ce n'erano un sacco. Di artisti, dico.
Quello che creano e trasmettono queste persone è la vera vita vissuta, quello che conta, quello che emoziona e fa sognare, quello che ancora ti tiene sveglio la notte e ti fa sentire la vertigine di un immenso, rivelatore e meraviglioso vuoto sotto di te.

Guardare queste persone negli occhi è come guardarle dritto nel cuore. (O nell'emisfero destro, come preferite).
Preciso lì.












(Foto scaricate da: http://www.ferrarabuskers.com/it/photogallery/)

mercoledì 7 settembre 2011

Posologia Creativa.

Non è per fare la puntugliosa. O la rompicoglioni.
Ma, caro Giorgio Gallina, una domanda mi viene da farla.


Così, per sapere.
Com'è che fa, questa applicazione per i-phone, a misurare il parametro in questione?





Test di Gravidanza di Giorgio Gallina - I-Tunes Store


Ps.
Poniamo il caso: anno 1995.
Una ragazzina di quindici anni.
Se avesse chiesto se fosse possibile valutare l'eventuale stato interessante con un telefono (uno dei primi Nokia Telecomando, magari) avrebbe prima preso della povera demente da chiunque, e poi sarebbe stata pubblicata sul settimanale "Cioè".

Che è molto peggio.

domenica 4 settembre 2011

Per esempio. Come avete potuto farne a meno fino a oggi? (Imbecilli).

Nel post precedente blateravo qualcosa in merito alle cose che è meglio non sapere mai.

Per motivi di salute.
Di benessere. Fisico e spirituale.
Per risultare il più possibile longevi.
Per una diuresi ottimale.
Per essere in armonia con il mondo.
Per contrastare i radicali liberi.
Per regolarizzare il ciclo mestruale.
Per minimizzare lo stress.

E fin qui, ci siamo.

L' Apple Store offre una vasta gamma di applicazioni gratuite in merito:
il termometro, quella per fare meditazione con il rumore della pioggia o del mare, per ricordarsi di bere un sacco di litri d'acqua (sì, c'è c'è), per allontanare le zanzare, lo stetoscopio, il test di gravidanza, quello della pressione e del cuore, quella per ricordarsi la pillola e tenere monitorato il ciclo, per ritrovare la macchina parcheggiata, per sapere dov'è il l' Orsa Minore (che nessuno la vede mai),  il telecomando, quella del Devoto-Oli, di Padre Pio e i rimedi della nonna.
E va bene.
Una per ogni necessità.
Per rispondere alle esigenze dei clienti Apple.

Poi.
E' successo che ho visto questa:

[...]


Descrizione:


SgarbiX è l’unica applicazione dedicata a Vittorio Sgarbi disponibile in AppStore. Con SgarbiX potete insultare chiunque vogliate con la voce del grande Vittorio.
Date del “testa di cazzo” o della “capra” ai vostri amici, ai vostri nemici o semplicemente a chi passa per strada (non ci prendiamo la responsabilità di eventuali reazioni o scazzottate).
Come avete potuto farne a meno fino ad oggi? Se lo chiedono in molti e chi l’ha comprata non è di certo rimasto deluso (media recensioni 3.5/4 stelle).

Ma veniamo agli highlights:
- 28 insulti epici
- imita i movimenti di Sgarbi scuotendo il telefono per cambiare l’insulto
- possibilità di selezionare gli insulti per comporre la tua selezione incazzatissima
- connessione a Facebook per farti grande con gli amici

Novità nella versione 1.7

SgarbiX ora compatibile con iOS 4 e multitasking

-Aggiunto il suono: "IMBECILLE"



Ecco. Questa è una di quelle cose che dicevamo.
Per capirci.

Quelle che sono le annose Urgenze Assolutistiche di elettroni.

E' una sensazione di perenne ritardo. Con i tempi tecnologici, intendo.
Con le novità in fatto di telefoni, satellitari, pc, programmi, televisori, lettori dvd, dvx, porte usb, applicazioni, sincronizzazioni, esportazioni/importazioni, aggiornamenti, nuove versioni di, decoder, tablet e tutta quella vattelapesca informaticatecnologica di elettroni che dilagano. Costantemente. Inesorabilmente.

E' frustrante.
Mi confondo. Non so più dove leggere le cose. Dove salvarle. Dove ritrovarle. Surplus di informazioni. Perchè sì, ci provo. Ma non è semplice.
Fotografie sparse in pc diversi, su hard-disk diversi, canzoni di qua e di là, pattume non identificato, file temporanei, cronologie mai cancellate, liste casuali, note senza nome, pdf mai aperti, collegamenti sul desktop che non reindirizzano più, codici html inesistenti. Toh, anche la tesi di laurea, riesumata da un'era giurassica.
C'è da uscirci di testa, con tutta questa roba.
Da chiamare un'anima buona che possa aiutarti a ristabilire un minimo di filo logico, logistico e sequenziale.
O da contattare un bravo psichiatra.

L'unica sicurezza, un approdo di certezza in questo mondo fuggevole, che "mi protegge dalle paure delle ipocondrie, dai turbamenti che incontro per la mia via, dalle ingiustizie e dagli inganni del mio tempo,
dai fallimenti che per mia natura normalmente attiro. Che mi solleva dai dolori e dai miei sbalzi d'umore,
dalle ossessioni delle mie manie"*,
è Lui.
Da sempre.
Concreto. Materiale. Immodificabile. Dato per certo.
Una specie di assioma, per dire.
Il Libro.
Sta lì. Immobile. Lo sposti e lo trovi esattamente dove lo avevi messo. Non sparisce. Non si danneggia (si usura, vabbè, ma ai posteri la sentenza). E' condivisibile, nel senso che puoi portarlo a casa di qualcuno o leggerlo con qualcuno. O prestarlo, consigliarlo, regalarlo. Ha un solo formato, consultabile da tutti. Sai quali libri hai, quali no, quali ti servono e di quali fai volentieri a meno. Hanno tutti un titolo diverso. Si suddividono per genere e autore.
Lo puoi sempre leggere. Anche tra vent'anni.
Già.
Non come il Floppy.

Fino ad ora, ho vissuto con spensieratezza. Con una certa serenità.
Ingenua.
Povera piccola.
Bello, il mondo delle favole, vero?
Eh.
[...]

Fino a che.


Scopro l'esistenza dell' E-book.
[...]

E da qui, da questo esatto momento, ho avuto una netta percezione, seguita da due chiare consapevolezze.

1- Che sarò sempre, dico sempre, per tutta la durata della più totale sempiterna eternità, costretta a vivere di espedienti. A faticare. A sudare per ogni piccola faccenda. A restare indietro. Ultima. Nonostante l'impegno. Il coraggio. La determinazione. C'è da farsene una ragione.

Con le tutte le frustrazioni del caso, una incazzatura radicata e il conto dello psichiatra da pagare.

2 - Ci sono poche, categoriche cose che è meglio non sapere mai. Per la salute. Per amor proprio. Per altri n motivi a scelta.
Il totale annuo delle tasse da pagare, cosa ha fatto la tua ex/il tuo ex il weekend dopo che vi siete lasciati (o forse anche quello prima).
E le novità in fatto di informatica-tecnologia.

Chè almeno uno finisce di leggere il suo bravo libro, sul comodino, dorme tranquillo tranquillo. Illudendosi gioiosamente di raggiungere almeno un qualsivoglia livello base di conoscenza teorica dell' Arte della Vita.
Senza restarci troppo di merda, ecco.


* Cit. Battiato, Franco.
"La cura" (1996)




Esempio di lettura utile per distogliersi dalle cose sopradescritte. (Cioè quelle che è meglio non sapere mai):
« Chi pensa sia necessario filosofare deve filosofare e chi pensa non si debba filosofare deve filosofare per dimostrare che non si deve filosofare; dunque si deve filosofare in ogni caso o andarsene di qui, dando l'addio alla vita, poiché tutte le altre cose sembrano essere solo chiacchiere e vaniloqui. » - Aristotele.        




giovedì 1 settembre 2011

Cronostoria di un imprevedibile martirio.

Benvenuti a Bordo.

Ore 22.50 Din-don
Signore e Signori siamo lieti di darvi il benvenuto sul volo FQ338 in partenza da Bologna e diretto a Brindisi. L'orario di arrivo è previsto per le ore 23.40 circa. Siete pregati di tenere allacciate le cinture per tutto la durata del decollo, fino a quando vedrete il segnale acceso sopra le vostre teste.

Ladies and Gentleman you are welcome...  [....]

Segue Dimostrazione di sicurezza delle hostess.


Ore 23.10 Din-don
Signore e signori vi informiamo che tra poco il nostro equipaggio passerà con le bevande e gli snack che vedete illustrati nel depliant; inoltre, abbiamo a disposizione anche lasagne e cannelloni.

Ladies and Gentleman.... [....]


Ore 23.30 Din-don
Signore e signori vi ricordiamo che sul volo FQ338 è vietato fumare. Se desiderate fumare vi invitiamo a provare le sigarette SMOKELESS, le sigarette senza fumo. Per soli 6,00 euro. Potrete scegliere tra quelle rosse, quelle light o al mentolo.

Ladies and Gentleman if you want to smoke....  [....]


Ore 23.45 Din-don
Signore e signori siamo lieti di annunciarvi la speciale promozione dei GrattaeVinci: due al prezzo di uno, ovvero due a 2,00 euro. Il ricavato sarà devoluto in beneficienza. Ricchi premi in palio. Dovete solamente grattare le stelline e quando avrete trovato due simboli uguali avrete vinto. Ci auguriamo che ci sia un altro fortunato vincitore su questo volo. Buona Fortuna!

Ladies and gentleman we are showing you.... [....]


Ore 23.55 Din-don
Cielo sereno.
Temperatura 26°.


Ore 00.10 Din-don
Signore e signori vi presentiamo i nostri articoli regalo, gioielli, profumi, giocattoli e gadget che abbiamo a disposizione. Meravigliose offerte per voi. Potete risparmiare 12,00 euro con l'acquisto di due prodotti per un totale superiore a 20,00 euro. Il nuovo profumo Calvin Klein scontato del 5%.

Ladies and Gentleman if you want to buy a present.... [....]


Ore 00.15 Din-don
Signore e signori siete pregati di allacciare le cinture di sicurezza e tenerle fino a quando il segnale non si spegnaerà. Iniziamo la fase di atterraggio.


Ore 00.20 Din-don
Signore e signori vi presentiamo un nuovo prodotto: l'orologio alla tormalina. Adatto per il mare, la piscina, la palestra, la montagna. Comodo, resistente all'acqua fino a 2000 mt e disponibile in 7 colori diversi. Ottimo per un'idea regalo.

Ladies and Gentleman here is a new watch... [....]


Ore 00.30 Din-don
Signore e signori l'equipaggio è lieto di annunciare l'arrivo all'aeroporto di Brindisi. Cielo sereno, temperatura 29°.
Vi ringraziamo per aver scelto RYANAIR.
Speriamo di rivedervi presto sui nostri voli.
Buona serata.


Ladies and Gentleman we are landing.... [....]



Nemmeno la lezione di catechismo. Nemmeno i testimoni di Jeova la Domenica mattina. Nemmeno le televendite di Mastrota. Nemmeno le urla di Vanna Marchi. Nemmeno l'arrotino alle otto del sabato. Nemmeno il cliente che ti chiama alle 19. Nemmeno la coda in autostrada. Nemmeno la fila in posta. Nemmeno l'esodo, il controesodo, la vetrinetta delle brioches vuota, la pioggia allo stadio, in curva. O l'unico weekend che vai al mare. Il rimmel che cola. Le lenti a contatto che si appiccicano all'iride e fanno da ventosa, la lavastoviglie che non funziona, il pc impallato. Nemmeno Il nome della Rosa, Giovanni Pascoli, Cuore e la Corazzata Potemkin.
Niente.

Niente di tutto questo potrebbe anche solo eguagliare minimamente una così colossale, profonda, duratura, dettagliata e costante nel tempo, rottura di cazzo.
Il volo RYANAIR*.




* Senza considerare, poi:

- I sedili così piccoli che sei in braccio al tuo vicino e siete costretti, per questioni logistiche, ad accordarvi su che rivista leggere. Hai detto poco.
- Il tuo bagaglio a mano non sara' mai sopra la tua testa, perchè è già occupato da quelli dei sedili avanti che non hanno la loro cappelliera: tutto un via vai di gente che si incastra, spinge, spintona, stordisce un passeggero con lo spigolo del bagaglio che sta cercando di tirare giù, apre tutti gli sportellini, apre un bagaglio ma non è il suo, si siede, si alza, fa spostare tutti, va in bagno, si risiede, si rialza, fa di nuovo spostare tutti. Lo stronzo.
- I bambini piangono più forte sui voli Ryan, è scientificamente provato. La disperazione raggiunge decibel che voi umani.
- La multa è prevista più o meno per qualsiasi evento. Tranne soffiarsi il naso o dormire.
- Sarebbe un volo low cost. Sarebbe, sì. Ma è agosto, e stai andando in Italia.

E il tuo, ovviamente, è quello che costava più di tutti.
Sommando tutte le multe che, ovviamente, hai preso.



Ovviamente, sarai così incazzato che c'è pure il caso che un pacchetto di Smokeless al mentolo tu lo abbia comprato.








giovedì 25 agosto 2011

Variazioni sul Tema. L' unico, Maledetto, Calcio Estivo.

Un tempo, non molto tempo fa poi, il maschio balneare sfogliava la Gazzetta Rosa e si accontentava.
Si accontentava di quei fogli stampati per sapere - e fantasticare -  le prodezze del nuovo acquisto della propria squadra del cuore. Acquisto fresco fresco di calciomercato, alle prese con le prime amichevoli montanare.

Oggi, il maschio balneare ha una consapevolezza: le amichevoli di Agosto vengono trasmesse in pay-tv. E, ovviamente, la Gazzetta Rosa non basta più. Il  piano è ben studiato: si allontana dalla spiaggia un po' prima del solito, inventando scuse assurde da farfugliare a mogli/fidanzate/figli/nipoti/suocere (sodalizio con amici e conoscenti di ombrellone) alla ricerca disperata di una tv, che trasmetta LA partita. E' disposto anche a pagare il gestore del bar, per fargli cambiare canale (c'è da considerare che non sempre uno ha voglia di sciorinarsi Milan - Casalborsetti. Soprattutto se l'ultima volta che ha visto una partita era il 1990, ed è appassionato di Formula 1).
Annoiato dall'attesa (chè è in anticipo di un'ora al fischio di inizio), il maschio balneare compra tutte le patatine, 4 apertivi, 7 birre medie,  un panino al salame e 2 cornetti al cioccolato.
Sonnecchiando, gonfio, vede il suo nuovo campione destreggiarsi in due o tre miseri tiretti offuscati, passaggini, qualche cross nemmeno troppo preciso, un tiro da metà campo sparato in tribuna e due azioni concluse, una con l'espulsione del portiere avversario che lo falcia, e una con una sottospecie di fortunato gol.
Una noia mortale, in sostanza, ancora peggio dell'attesa pre-partita, chè almeno lì ha mangiato e bevuto.
La delusione del maschio balneare è ancora più profonda quando, l'indomani, sulla Gazzetta, legge: "Nuovo acquisto ci fa innamorare. Sbaraglia la difesa, ed è subito Goal".

La Gazzetta Rosa non farà nessuna precisazione in merito alle sostituzioni: il maschio balneare sa bene che il portiere avversario espulso è poi stato sostituito dal Presidente della Pro-Loco. (Inutile precisare ulteriormente che il Presidente della Pro-Loco è un signore di mezz'età che, al culmine della sua carriera ha giocato in terza categoria, da giovane, e mira solo a un minuto di gloria per vantarsi con gli amici al bar).

Il maschio balneare torna in spiaggia, deluso, preoccupato, pensieroso e sbronzo.

Dopo complesse giustificazioni a mogli/fidanzate/figli/nipoti/suocere, non proprio perfettamente motivate e argomentate, a causa della sbronza.
Dopo accurate riflessioni sul giornalismo sportivo, su un più o meno proficuo mercato estivo, su sogni di scudetti e coppe dei campioni.
Prende una decisione definitiva: almeno in estate, niente TV. Chè siamo al mare, eccheccazzo.

Cerca di dimenticare, almeno per qualche tempo, l'arduo lavoro di passione e cervello che richiede tifare una squadra, conoscere le caratteristiche dei giocatori, andare allo stadio al freddo gelo e preparare un fantacalcio di quelli che vincono.

E compra una Settimana Enigmistica, senza impegno.
Facilitata, pure.





giovedì 4 agosto 2011

Un tempo per tutto. Per sorridere. Per soffire. Per imprecare. Ma anche per andare in ferie.

C'è un solo motivo per cui il lunedì è così nefasto, tragico, perentorio e nauseabondo.

Il lunedì racchiude tutte le scadenze, le rotture di maroni, le contestazioni, i doveri, le telefonate che non vorresti fare, le cose che non vorresti dire, quelle che non vorresti sentirti dire, quello che rimandi tutti gli altri giorni della settimana, gli inghippi, le situazioni irrisolte, cicliche, inesorabili, senza continuità di soluzione, senza soluzione di continuità, le cacche di cane, le ustioni, le ortiche, il benzinaio chiuso, la nausea da sonno arretrato (nonostante le 8 ore), i muscoli bloccati, la faccia gonfia, le perdite di tempo, i guasti al pc, il ritardo del treno, la colonna in tangenziale.

E' tutto di lunedì.
Sempre.



C'è un però.

Qualche volta la rivincita bisogna prendersela.
A 'sto giro, io lunedì sarò assente. Anche quello dopo, per la cronaca.

Tra poche ore spengnero' pc, luci, fotocopiatrici, fax, stampanti, telefono.


E con un plateale, gigantesco, coreografico gesto dell'ombrello, esco di scena e vi auguro Buone Ferie.