Lapis and Notes



Lapis and Notes


Post Scriptum:

Welcome.
(To the Jungle).

"Gli svedesi hanno capito quello che la Scavolini ancora no. Ovvero. Che la gente comune ha 40 mt quadri per farci stare un letto, una cucina e un water. E ha sempre sognato la penisola. Poi si è ridimensionata, nel momento in cui ha realizzato un fatto.
Che i sogni si pagano al metro quadro".







lunedì 27 giugno 2011

Roba Seria. (Presente le più puntigliose tra le seghe mentali?)

Oggi pensavo che:

1. Non è che non credo nell'amore. No. Credo che, a causa della limitatezza e della finitezza della condizione umana sia impossibile scegliersi una volta per tutte, in modo esclusivo, definitivo. Sono limiti imposti dal mondo materiale, dalla concretezza dei sensi, del corpo, da barriere e cancelli che impediscono il fluire di qualcosa che materiale non è. Il dislivello dei piani crea costante incoerenza e attrito, paradosso e ambivalenza. Lasciandoci sempre una gran confusione, poche certezze e innumerevoli, eterni, punti di domanda.

2. La solitudine permette l'analisi dei dettagli, ti fa prestare maggiore attenzione alle cose. Ti crea anche importanti momenti catartici, apocalittici, disperati e maravigliosi attimi di libertà e di vertigine. Di paura e di forza. Di desiderio e indifferenza. La solitudine ti costringe a fare i conti con i tuoi peggiori difetti, a fronteggiare i tuoi peggiori nemici e le tue paure. Sai che nessuno se ne fara' carico, nemmeno un pochino. Che dovrai pagarli tutti i tuoi debiti, sempre. Ci sono cose importanti che la solitudine toglie: non hai la rete di protezione, la tempestiva pacca sulla spalla, la rassicurante certezza di non doverti preoccupare di tutto da sola, l'aprioristico appoggio solidale. A volte, non posso negarlo, vorresti riposare un attimo dalle tribolazioni del quotidiano, affidandoti alle braccia di qualcuno che si occupi della tua voglia di un abbraccio vero, come si deve. Di quelli senza fronzoli nè ipocrisie. E stare immobile, senza pensare, senza fare niente. Lì, al sicuro.
Ma c'è una cosa che la solitudine ti dona: quando percepisci di essere tu, solo tu, ti osservi mente sei, non è forse una cosa incredibile? Una totale, nitida, consapevolezza di forza, di esserci, di scegliere senza vincoli, di un possibile tutto?

3. Perdiamo veramente troppo tempo nelle attese.
L'attesa che passi una sofferenza, una seduta dal dentista, che venga l'estate, che cambi qualcosa, di vedere l'arcobaleno, del proprio turno al banco dei salumi, che torni il sole, del weekend, di trasferirsi, di cambiare lavoro, che venga mattina, del momento di andare in ferie, di domani, Natale, Pasqua. La costante attesa diventa una fuga dal qui e ora, dal momento che stiamo vivendo, adesso. E che nessuno mai ci restituirà o ci permetterà di rivivere in uguale modo. Ci saranno mille altri lunedì sera. Ma questo è unico. E' unica questa luce al tramonto, questa rugiada, questa canzone che arriva dalla casa a fianco.
Sarebbe bello sfruttare meglio le attese considerandole parte integrante e necessaria del Tutto e non come un passaggio, non come una condizione sempre tesa ad una ipotetica aspettativa seguita in automatico da un concreto evento.
Possiamo provare, per un momento, ad essere un po' meno materialisti? Finalizzati? Lucrativi?
L'attesa diventa vita vissuta, assume un senso e regala momenti preziosi solo nel momento in cui smettiamo di considerarla tale.

Ps: Tutto quello che ho scritto in seconda persona singolare o prima plurale, ovviamente, è tutto riferito a fatti, eventi e persone accaduti in prima persona singolare - cioè a me. Sono cose che penso io, magari non tu e non noi. (Magari "tu" stai ridendo un pochino, magari non troppo eh, oppure stai pensando che questa qua ha perso un qualche venerdì, mi rendo conto. Assecondami, per favore, dai. Eh? Si, vero? Ti prego! Su, uno sforzo, assecondami).

E' che fa più scena scrivere di un ipotetico "tu" o ancora meglio di un ipotetico "noi".
Questione di condivisione presupposta, senza nessuna prova empirica della stessa. Insomma, è bello raccontarsela.

Mi sento un po' meno idiota, anche.




venerdì 17 giugno 2011

Alla Lettera.

Del maiale, non si butta via niente.*



* Avvertenza:
Se bevi.
(Troppo)
Il maiale te lo trovi accanto.

Quello che significa rappresentare un discreto Folklore.

Ho una personalissima convinzione.

Quella che sia necessario fare una passeggiata in uno di quei mercatini dell'usato domestico che si incontrano in giro per la città, la Domenica.
E' un'esperienza formativa. La merce esposta, nel suo essere testimonianza, ricordo e memoria di anni passati, possiede una storia.
Racconta. Vive, come. Ha un background.

Sono cose che sono state possedute, utilizzate, vissute, amate, e ora non lo sono più.
Anzichè essere abbandonate a se stesse, o, peggio, dimenticate nel ciarpame di una soffitta, queste cose di variegata natura, vengono esposte e vengono riconsiderate, hanno un inaspettato momento di gloria.
Una nuova possibilità di essere quello che erano state, molto tempo prima. Quando ancora erano "nuove".

Testimoni di un passato, nel senso che ci sono cose che non sapevo esistessero.
O di cui non avevo piu' memoria.
Che non pensavo potessero essere ancora in un qualche luogo concreto.

- Mangianastri per musicassette
- Telefono della SIP
- Macchina da scrivere
- Pattini Ficher Price
- Tutù da ballerina
- Nastro per ginnastica ritmica
- Gattino Trudi infeltrito
- Grillo Parlante Clementoni
- Forza 4 e Indovina chi
- Collezione di gommine Mulino Bianco
- Scarpine Kiker's
[...]

E cose di cui, comunque, potresti avere bisogno:

- Testa del Buddha in vetoresina
- Tappeto di pelle di vacca  pezzata (di quelle che non vanno in sconto nemmeno all' Ikea).
- Copertoni da bici nuovi/usati
- Gomme auto (rivenditori abusivi, mi sembra)
- Campanello da bicicletta
- Tappeto persiano ammuffito
- Calcio Balilla
- Dolce Forno Harbert
- Abat-jour
- Gonfiabile da mare
- Poltrona barocca
- Pantofole di pelo sintetico, tipo Yeti.
[...]


Una delle prossime volte ci porto tutte le mie cose dimenticate.
- Per potergli potenzialmente donare un nuovo futuro (chiave romantica)
- Per liberare la cantina (chiave utilitaristica)



(Anche il pile color cammello potrebbe avere un nuovo slancio vitale. Aiutatelo, se lo incontrate).

lunedì 13 giugno 2011

Quisquilie Domenicali: quello che è impossibile prevedere.

Sei convinta, ormai, sulla soglia dei 30, di poter essere inclusa tranquillamente in quella categoria, essere pubblicamente definita come una "esperta".
Una che ha capito tutto.
Quando. Invece.
Eh.
Vedi te il destino che scherzi che fa.
Fino a ieri mattina, mi facevo vanto di essere riuscita a eliminare quegli elementi di disturbo che, al pari degli esperimenti scientifici, vanno a inficiare l'attendibilità - quindi l'utilità - dei risultati (in questo caso, il successo del risultato scientifico sarebbe stato, secondo la mia superficiale ipotesi, la possibilità di un sonno ininterrotto, fino alle ore 12.00).
Per elmementi disturbanti intendo sia eventi catastrofici causati dalla specifica umana volontà di dolo, sia eventi catastrofici causati dalla Natura che ci circonda.
Esempi concreti:

- Temporali con tuoni e fulmini
- Arrotino (che, rispetto per il suo lavoro, è sempre uno stronzo. Mi spiego, anzichè installare altoparlanti sul suo furgoncino - dando adito a pesanti ripercussioni psicologiche sugli abitanti del quartiere - non potrebbe, che so, investire lo stesso denaro per creare un bel sito internet con numero di telefono. Chè se uno ha bisogno. Insomma, nel caso. E l'arrotino sarebbe così tranquillo di garantire una totale reperibilità. E' solo questione di scelte più o meno altruiste).
- Testimoni di Jeova (non vorrei mai aprire un dibattito religioso, così, a freddo, di lunedì mattina. No).
- Vicino di casa che taglia l'erba. Immancabilmente presto. Troppo presto.
- Impresa Edile che sta impegando due anni a tirare su la casa che, guarda caso, è proprio di fianco alla tua.
- Vicino del piano di sopra che ha deciso di rifare i pavimenti.
- Vicino del piano di sotto che ha deciso di abbellire casa decorandola con dei quadri alle pareti.

Considerato questi elementi e trovato il modo di fronteggiarli, con l'esperienza, l'astuzia, la progettazione, l'analisi, c'è sempre qualcosa che non prevedi, qualcosa di assolutamente aleatorio.
Rimane sempre quella percentuale minima di rischio impossibile da calcolare:
Lo Stronzo (peggio dell'arrotino) che chiama ripetutamente tra le ore 8,30 e le 9.00, fino a che - stremata - ti alzi, rispondi e, mi-scusi-ho-sbagliato-numero.
[...]
Dico io, se chiamassi qualcuno così presto la Domenica, sentirei una grossa responsabilità sulle spalle.
Non puoi sbagliare numero, la delusione e l'incazzatura del ricevente è paragonabile a quella dei tifosi Italiani nel '90, che aspettano Baggio tirare.

E poi, per chiamare così presto ne deve valere la pena.
Mick Jagger che canta in piazza, per esempio.


 Ps. A volerci vedere del bello ho potuto votare senza aspettare.
A quell' ora, ieri, il seggio era vuoto.

giovedì 9 giugno 2011

Quando troppo e troppo poco vanno a braccetto.

Parlando del film The tree of Life.
Quello che ha vinto la Palma d' Oro al Festival di Cannes, quello di Terrence Malick.

Ho qualche difficoltà a parlarne, a raccontarne e a scrivere quello che ho visto, che ho sentito e pensato.
Anzi, non ho pensato. Non sono stata in grado.
E' stato impossibile. Sono entrata in uno stato di lobotomia catatonica.

La trama, di per sè, è semplice, chiara, lineare. Cio' che succede è quello che si vede.
Ma il significato del film si svolge attraverso quello che non si vede, che percepiamo pero' stia ugualmente accadendo. E con una forza brutale, viscerale, sconosciuta.
Tutto ciò che sta intorno alla trama, sempre dentro al film, è passibile di personalissime intrepretazioni, divagazioni, sensibilità, credenze mistiche etiche e religiose, fedi , suscettibilità, passioni e tutto quello che mi viene in mente di assolutamente intangibile.
Le immagini ti portano in una terra che sai esistere, ma da cui hai sempre cercato di tenerti  alla larga. Dove non esiste una consapevolezza razionale, ma solo un'intuizione.Qualcosa che sai esistere, ma che è inafferrabile, indescrivibile, inenarrabile. E che ti fa abbastanza paura.

Per questi motivi un giudizio di qualità - di merito o demerito - è frammentario, parziale, arbitrario, limitato. Qualsiasi cosa detta, ogni commento di sorta, sembra un'idiozia. Diventa pretenziosa e presuntuosa. Sembra un Tutto talmente immenso da renderti conto di essere in una posizione infinitesimamente microscopica, un granellino di sabbia, per poter avere una visione d'insieme un minimo attendibile.
Come una formica al cospetto di un essere umano, ecco.
E tu, ignaro e ingenuo, mortale e peccatore figlio di Dio non hai assolutamente gli strumenti per poterlo misurare, questo Mondo.
L'unica cosa che puoi fare è lasciare scorrere le immagini e rimanere senza difese. Così. Alla berlina del Mistero della Vita, perchè è questo che viene rappresentato. Con tutte i suoi bravi assunti non-logici e non-spiegabili. Anche contraddittori.

Il discorso religioso-cattolico diventa qua ingombrante.
Anche perchè non sono convinta del tutto si sta rappresentando il Cattolicesimo. Piuttosto una fede, che puo' essere anche di diverso tipo, che so, Buddista.
 Per rappresentare questo mistero Malick prende ad esempio una famiglia americana e la inserisce nel ciclo della vita (e della morte).
La giustizia divina viene negata, appunto, in quanto la vita è fatta di sofferenza e perdite. Di abbandoni e di addii. La Natura e la Grazia racchiudono tutto questo.


Tant'è che il Padre (Brad Pitt), alla fine del film, si accorgerà che non è bastato vivere secondo i buoni principi, il rigore, la disciplina, andando in Chiesa la Domenica, per essere esonerati dal dolore e assolti dal peccato. Perchè anche il dolore e la sofferenza sono racchiusi dentro la Grazia e la Natura, appunto, le uniche due strade percorribili dall'essere umano, nel momento in cui viene alla luce.
La Madre (Jessica Chastain), la si sente sussurrare, in alcuni passaggi di immagini: "Perchè non mi ascolti?" "Perchè non mi rispondi?" rivolgendosi a un noncurante Dio che le ha portato via il secondogenito. Un Dio che non si prende cura dei suoi figli, delle anime incarnate.

Non mi è chiaro se il Signore sia un Dio Cattolico e qualche altro Dio
Secondo la mia visione, le anime passano attraverso dolori e sofferenze per evolvere, per potersi incarnare ad un livello sempre più evoluto, vita dopo vita.
Trovo una dimostrazione a questa mia visione, quando alla fine del film, la madre pronuncia la frase "Signore, guidaci fino alla fine dei tempi".
(E direi che, fino alla fine dei tempi, il corpo fa un po' fatica. Se invece parliamo di anime, il piano del discorso cambia).

Un'altra cosa: fotografia spettacolare. Nitida, perfetta, così suggestiva da sembrare surreale.

Ps. Da vedere.
Avvertenze: poi ti resta negli occhi e nella mente.Ti incasina i pensieri.
Ti lascia turbato.

E dopo, come scrive Bordone, succede questo:
"Si gira per la città, tornando verso casa, ripensando alle estati di quando si diventava persone, ai migliori amici inseparabili, all’essere figli grandi o piccoli. E si è pieni di gioia, paura, malinconia, come quando da bambini si piangeva di pianto, senza sapere perché".



lunedì 6 giugno 2011

Chi fermerà la musica? Quelli che non si svegliano. (Lo avevano capito anche i Pooh).

Ero così piccola, in quel 1990, quando mio fratello suonava il pianoforte a coda - aperto -  in soggiorno.
E mi massacrava i timpani per due sostanziali motivi:

1- Non ne capivo assolutamente nulla di musica a 11 anni. Cosa vuoi pretendere.
Sò ragazzini.
Ascoltavo gli 883 come tutti quelli della mia età, Bon Jovi, i Thake That e le compilation di Natale di Radio Dee Jay con tutte quelle porcate disadattative lì. Molella, Fargetta e compagnia.
In vetta alla mia cultura musicale spiccava, al massimo, un pallido Michael Jackson e un biondo, folto Sting.
Anche ora, probabile, che di musica non ne capisca nulla, ma con una differenza: posso dire di avere avuto una Sostanziale e Approfondita educazione, in merito.
Un po' come quando smetti di ingurgitare tegolini e patatine perchè scopri le crostate fatte in casa e i tortelli caserecci. Insomma, diciamo che qualche differenza inizi a percepirla (oltre a limitare le problematiche gastroinstestinali).

2- Mio fratello suonava con una rigorosa disciplina quotidiana, su per giù, 8/10 ore. Filate.
Accompagnato - nelle giornate fortunate - da quello che ricordo essere un simpatico marchingegno, sconosciuto ai non addetti, denominato, in gergo tecnico, metronomo.
Per quanto fosse bravo - e credo lo fosse - sono tante quelle ore. Per chi suona e per chi, volente o nolente, ascolta.

Che sì, il pianoforte è uno strumento sublime, meraviglia delle meraviglie, dolce suono, armonia leggiadra, soave pace dei sensi e inno alla rilassatezza spirituale.
Ma non otto ore, tutti i santi giorni. No. Cambiereste idea anche voi se sentiste le terminazioni nervose del  vostro timpano lacerarsi, oh appassionati di pianoforte!

Credo avessero cambiato idea sulle meraviglie del piano anche i quattro fratelli di Keith Jarrett, dopo una visita dall'otorino.
(Nonostante tutto, nonostante il suo sterminato, infinito e sempiterno Essere in quanto Genio, pertanto Creatore Onnipotente di Capolavori Improvvisati).

Cioè, sempre per via dell'esempio di prima, la crostata è buona.
Quando ne mangi quattro intere di traverso, potrebbe diventare un problema.

Ero piccola anche quando mio fratello e il suo Gruppo, gli allora Bossa Nostra, uscirono con l'album "Solaria", nel 1996. Non ricordo molto di quel periodo.
Nonostante la mia giovane età, cio' che porto sempre con me da allora - e il merito va tutto a mio fratello - è la  passione per la Musica.
Anche se non la so leggere, non la so comporre e non la so suonare, posso ascoltarla. Un sottofondo che mi ha sempre accompagnato. Il pianoforte, i vinili, le musicassette, i cd, i concerti a cui mi ha accompagnato. I testi, la storia, chi ha suonato cosa. Le differenze sostanziali e quelle marginali. I musicisti che hanno la M maiuscola e quelli un po' meno bravi ma che hanno contribuito, nel loro piccolo, a non fermare mai questa meravigliosa arte. Evolvendosi ed evelvondola giorno per giorno.

Ecco, proprio l'altra sera.
Sono andata con mio fratello a sentire Fabio Bagni e Giordano Gambogi alla Casa di Nonna Pia a Bibbiano.
Bagni e Cambogi, insieme, non li avevo mai sentiti.

Quando c'è questo duo, ecco, come dire, non si puo' parlare, non si puo' scrivere, distrarsi nè commentare niente. Solo stare lì. Fermi. Un po' rapiti ed incantati.
E, semplicemente, Ascoltare.

Quando hanno suonato "Wish you were here" - che ce l'ho nel cuore - ho iniziato a pensare, ecco adesso mi commuovo.


E quando Giordano ha dedicato a mio fratello "Fragile" di Sting, a quando la suonavano insieme, un tempo lontano diciott'anni - quando io ne avevo undici - e, dicevo, appunto, non me lo ricordo. 

Ma c'è un particolare che ricordo bene.
Ascoltavo spesso "Fragile" perchè l'avevo sentita così bella dal vivo. Lì nei pressi di Reggio Emilia.
E qualcuno mi disse, questa è una canzone di Sting, ascoltalo.


Poi, mi sono commossa.


Fabio Bagni, Giordano Gambogi e Stefano Ripa.
Lampedusa 2008.